E’ in discussione una proposta di legge che vuole imporre l’introduzione di “quote rosa” nei Consigli di Amministrazione delle quotate in Borsa, per aumentare la presenza femminile dal 6,2% attuale e portarla almeno al 30%.
Per quanto si tratti di un obiettivo certamente apprezzabile, lo strumento delle quote imposte per legge ci lascia perplessi. Un incarico o una carica — di qualunque tipo — dovrebbe essere affidato soprattutto in base alla competenza: l’introduzione di “quote” che introducono criteri di valutazione diversi (siano esso “quote partito”, “quote geografiche” o “quote rosa” come in questo caso) mette a rischio questo criterio. Se si mette una persona in un CdA perché è una donna e non perché è competente non si fa un favore né all’azienda né al genere femminile: ed infatti in Norvegia, che qualcuno porta ad esempio, ci sono stati dei problemi per l’eccessiva rigidità imposta dalla legge.
La nostra attenzione sul tema della competenza non nasce certo dall’idea che l’essere donna e l’essere competenti siano due elementi in qualche modo in contrasto, ma il fatto è che il criterio di selezione dovrebbe essere unicamente la preparazione e le competenza, non il sesso, la provenienza geografica, il colore della pelle o l’appartenenza politica.
Il punto infatti è che molte aziende soffrono a vari livelli l'”incompetenza” dei propri CdA, con consiglieri che a volte non conoscono come dovrebbero l’azienda, il mercato, le tecnologie che l’azienda usa, le normative. Inutile dire che si tratta di un’elemento che limita non poco la crescita aziendale, soprattutto in ottica evolutiva: un CdA “incompetente” può essere in grado di mantenere lo “status quo”, cercando di continuare a far fare all’azienda quello che ha sempre fatto, ma non è in grado di operare con un ottica strategica (dato che per avere una visone valida di ampio raggio serve appunto conoscere azienda, mercato, tecnologia, per capire cosa potrebbe diventare possibile), dando la spinta per innovare in modo deciso. Innovazione che in Italia è spesso carente, con gli effetti ben noti sulla competitività del nostro Paese.
Quindi lanciamo una proposta: va bene le “quote rosa”, ma perché non introduciamo anche una “quota competenza”, in cui almeno il 25% dei consiglieri deve dimostrare di essere (realmente) preparato nell’ambito di attività dell’azienda?
Banche e Risparmio [http://www.banknoise.com]
Perchè non togliamo le quote inutile ma facciamo entrare solo la competeva in Borsa come in ogni settore.
introdurre quote rosa ma poi se si va a gurdare lo stipendio sarà minore ad un uomo, il riconoscimento e la possibilità di agire con carta bianca quasi nulli.
Competenza è la sola cosa che ci può salvare, già di genere maschile d’ incompetenti figli propri o “di” conoscenti,amci,parenti, hanno già fatto abbastanza danni ne siamo pieni se ci aggiungiamo “quote rosa” incompetenti possiamo stendere anche un tappeto rosso alla Cina e dirgli è tutto vostro noi non siamo ingrado di rilanciare l’economia e non solo…siamo un incompetenti a tutti livelli ma democraticamente abbiamo le quote rosa.
Ma utile sarebbe anche l’onestà di chi accetta il ruolo di eseminarsi e comprendere quanto si è in grado di fare, quanto si conosce e su quali appoggi con conprovata esperienza si possa umilmente fare appoggio.
Buonasera Carola
Qualche giorno fa ho discusso di quote rosa nei CdA con una persona che è nel Consiglio di Amministrazione di un’azienda. Lui a un certo punto mi ha detto: “Ma scusa, tu non saresti a disagio se sapessi di essere seduta in un CdA solo perchè c’è una legge?”…E io gli ho risposto: “E tu non sei a disagio, visto che sei nel CdA dell’azienda di famiglia solamente perchè tuo nonno ti ha regalato delle quote dell’azienda e ti ha fatto entrare nel CdA?”. E’ stato zitto.
Mi sembra che ciò dimostri che anche ora non sia garantita la tanto attesa meritocrazia nella scelta dei membri di un CdA e che una legge non andrà a ledere alcun principio meritocratico (proprio perchè non esite…)!