I dati relativi ai redditi dovrebbero essere pubblici o segreti? A mio parere, il problema in Italia è stato affrontato in modo del tutto incompleto. Per un motivo molto semplice: non ci sono solo i due estremi, ma ci sono anche situazioni intermedie che andrebbero considerate. In particolare, si confonde la “comunicazione” dei dati personali con la loro “diffusione”:
- comunicazione è il dare conoscenza dei dati personali a uno o più soggetti determinati diversi dall’interessato (cioè da colui al quale si riferisce il dato)
- diffusione è il dare conoscenza dei dati personali a soggetti indeterminati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione
C’è chi sottolinea che nei paesi scandinavi basta un sms per sapere quanto guadagna il vicino di casa o il proprio capo. Ma questo vuol dire che i dati relativi ai redditi vengono comunicati, non certo “diffusi”. E viene anche identificato chi ha fatto la richiesta del dato, va aggiunto. Mettere i dati su Internet, secondo le modalità che aveva utilizzato l’Agenzia delle Entrate è invece chiaramente “diffusione”. Che non è la stessa cosa.
A mio parere, la diffusione dei dati relativi al reddito non aiutano in alcun modo a combattere l’evasione fiscale, ma piuttosto a soddisfare una voglia di voyeurismo molto italiana (ma certo non solo tipica del nostro paese). Insomma, personalmente ci vedo più la curiosità da “gossip”, che una possibile utilità a contro chi evade il fisco, anche perché ho qualche dubbio sulla capacità dell'”italiano medio” di valutare se siano congrui o meno i redditi dichiarati dal dentista al piano di sotto. Anche perché, aggiungo, ci possono essere molte ragioni valide per le quali può aver dichiarato un reddito più basso di quello che altri pensavano.
Quindi il reddito dovrebbe essere un dato segreto? A mio parere no, ma dovrebbe essere comunicato solo a chi ha un qualche interesse a conoscerlo, che magari sia un “sospetto”, ma non la pura e semplice curiosità. E’ possibile fare qualcosa del genere? Certo: possiamo provare a stilare una “classifica” dei possibili gradi di riservatezza di un dato, che comprende almeno quattro livelli (torno a sottolineare: non solo “segreto” e “pubblico”), e nella quale i dati relativi al reddito dovrebbero essere a mio parere ai livelli intermedi.
- dato segreto (non comunicato a nessuno)
- dato comunicato solo agli “aventi diritto” che ne facciano richiesta (cioè per accedere al dato bisogna dimostrare di avere una motivazione valida)
- dato comunicato a chiunque ne faccia richiesta (senza verifica della motivazione)
- dato diffuso
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A mio parere, però, la differenza tra dato “diffuso” e “comunicato a chiunque ne faccia richiesta senza verifica della motivazione” è molto labile. Notiamo, infatti, che collegarsi ad un sito web è (anche tecnicamente) “fare una richiesta” di una certa pagina e di un certo dato.
La differenza tra le due cose si riduce, ormai, ad una questione di “quanto facile” sia fare la richiesta in questione, oltre che all’identificazione del richiedente.
Se così stanno le cose, quindi, sorge il dubbio che la differenza tra grado 3 e grado 4 niente altro sia se non l’annoso uso delle lungaggini burocratiche per rendere piuttosto difficoltosa l’accesso dei cittadini ad informazioni teoricamente pubbliche.
A mio parere, però, la differenza tra dato “diffuso” e “comunicato a chiunque ne faccia richiesta senza verifica della motivazione” è molto labile. Notiamo, infatti, che collegarsi ad un sito web è (anche tecnicamente) “fare una richiesta” di una certa pagina e di un certo dato.
La differenza tra le due cose si riduce, ormai, ad una questione di “quanto facile” sia fare la richiesta in questione, oltre che all’identificazione del richiedente.
Se così stanno le cose, quindi, sorge il dubbio che la differenza tra grado 3 e grado 4 niente altro sia se non l’annoso uso delle lungaggini burocratiche per rendere piuttosto difficoltosa l’accesso dei cittadini ad informazioni teoricamente pubbliche.
Le differenze sono forse sottili ma abbastanza nette, e sono principalmente due:
1) la comunicazione del dato comunque a persone specifiche, e non in generale al pubblico.
2) l’identificazione di chi accede al dato (…che non è proprio un fatto marginale!)
Tra l’altro, colgo l’occasione per sottolineare che la differenza tra “comunicazione” e “diffusione” non è un mio capriccio mentale, ma è ben specificato dalla legge sulla privacy, e l’agenzia delle entrate non aveva titolo legale per diffondere i dati, ma al limite per comunicarli.
Le differenze sono forse sottili ma abbastanza nette, e sono principalmente due:
1) la comunicazione del dato comunque a persone specifiche, e non in generale al pubblico.
2) l’identificazione di chi accede al dato (…che non è proprio un fatto marginale!)
Tra l’altro, colgo l’occasione per sottolineare che la differenza tra “comunicazione” e “diffusione” non è un mio capriccio mentale, ma è ben specificato dalla legge sulla privacy, e l’agenzia delle entrate non aveva titolo legale per diffondere i dati, ma al limite per comunicarli.
Siamo un paese omertoso e mafioso.
Rubare e fottere il prossimo è lo sport nazionale (altro che il calcio), purchè lo si faccia di nascosto e al riparo da occhi indiscreti.
Il 50% degli italiani dichiara meno di 15.000 all’anno, questo è il vero problema: che non va ne comunicato ne diffuso.
Il resto sono parole al vento che lasciano il tempo che trovano in un paese non civile.
Meglio parlare degli stupri degli extracomunitari !!!!!!
Siamo un paese omertoso e mafioso.
Rubare e fottere il prossimo è lo sport nazionale (altro che il calcio), purchè lo si faccia di nascosto e al riparo da occhi indiscreti.
Il 50% degli italiani dichiara meno di 15.000 all’anno, questo è il vero problema: che non va ne comunicato ne diffuso.
Il resto sono parole al vento che lasciano il tempo che trovano in un paese non civile.
Meglio parlare degli stupri degli extracomunitari !!!!!!
Ottimo articolo, veramente notevole. L’unico appunto che gli si può fare è che, evidentemente, chi lo ha scritto non vive nel Sud dell’Italia o non lavora in un apparato pubblico, visto che non si è affrontata la particolarità del Nostro paese rispetto agli altri paesi industrializzati, con mentalità e leggi differenti dalle Nostre. Purtroppo l’anonimo di prima ha le Sue ragioni: in un paese dove oltre ad un grande potere mafioso che spesso si insinua anche nelle istituzioni, c’è un gravissimo modo di pensare molto omertoso; la diffusione di quei dati in questa particolare situazione è, secondo me, politicamente corretta, anche se eticamente e legislativamente molto discutibile. Buon lavoro.
Ottimo articolo, veramente notevole. L’unico appunto che gli si può fare è che, evidentemente, chi lo ha scritto non vive nel Sud dell’Italia o non lavora in un apparato pubblico, visto che non si è affrontata la particolarità del Nostro paese rispetto agli altri paesi industrializzati, con mentalità e leggi differenti dalle Nostre. Purtroppo l’anonimo di prima ha le Sue ragioni: in un paese dove oltre ad un grande potere mafioso che spesso si insinua anche nelle istituzioni, c’è un gravissimo modo di pensare molto omertoso; la diffusione di quei dati in questa particolare situazione è, secondo me, politicamente corretta, anche se eticamente e legislativamente molto discutibile. Buon lavoro.
Indubbiamente c’è un discorso di mentalità “italiana” (ma la soluzione non può essere sempre quella di fare le cose “all’italiana”).
Sono d’accordo che i redditi non devono essere informazioni “segrete”, ma non trovo nemmeno corretto diffonderli in questo modo generico e casuale. Potrei capire se la diffusione avvenisse per categorie specifiche (ad esempio, chi ha un reddito di impresa, o chi ha cariche pubbliche, ma se volete anche chi ha un blog), ma non vedo perché i dati di tutti (lavoratori dipendenti e pensionati compresi) debbano essere così “pubblicizzati”.
Anche perché, permettetemi, sarà vero che il 50% degli italiani dichiara meno di 15.000 Euro/anno, però in mezzo ci sono evasori fiscali, imprese che realmente non vanno bene, lavoratori precari. Fare di tutta l’erba un fascio non mi pare un modo per combattere l’evasione fiscale.
Indubbiamente c’è un discorso di mentalità “italiana” (ma la soluzione non può essere sempre quella di fare le cose “all’italiana”).
Sono d’accordo che i redditi non devono essere informazioni “segrete”, ma non trovo nemmeno corretto diffonderli in questo modo generico e casuale. Potrei capire se la diffusione avvenisse per categorie specifiche (ad esempio, chi ha un reddito di impresa, o chi ha cariche pubbliche, ma se volete anche chi ha un blog), ma non vedo perché i dati di tutti (lavoratori dipendenti e pensionati compresi) debbano essere così “pubblicizzati”.
Anche perché, permettetemi, sarà vero che il 50% degli italiani dichiara meno di 15.000 Euro/anno, però in mezzo ci sono evasori fiscali, imprese che realmente non vanno bene, lavoratori precari. Fare di tutta l’erba un fascio non mi pare un modo per combattere l’evasione fiscale.