Quando si parla di tecnologia, spesso viene sottolineato come lo sviluppo della potenza di calcolo e della capacità di memoria non è stato accompagnato da un analogo sviluppo delle batterie, che forniscono l’energia necessaria ai dispositivi per funzionare.
Un comune iPhone 5 ha 2,7 volte la potenza di calcolo del supercomputer Cray-2 del 1985, ma non si può dire certo che la capacità delle batterie abbia seguito una analoga crescita: anzi queste sono rimaste sostanzialmente sempre le stesse, e la maggiore durata è per lo più dovuta a una riduzione dei consumi energetici del dispositivo. Ma questo diventa sempre più un limite, come banalmente ci si può rendere quotidianamente conto con la necessità di ricaricare continuamente il proprio smartphone.
Un ricercatore ucraino però sostiene di avere trovato il modo per fare passi da gigante anche nel settore delle batterie, ideando una batteria che potrebbe alimentare uno smartphone per ben 12 anni, senza bisogno di ricariche.
Vladislav Kiselev, ricercatore senior dell’Istituto di Chimica bio-organica di Kiev, ha presentato un prototipo al Sikorsky Challenge, un prestigioso concorso internazionale per progetti di ricerca.
Il segreto della batteria di Kiselev sarebbe che non accumula energia, ma la genera, sfruttando il trizio, un isotopo dell’idrogeno. Non si tratta della prima applicazione dei trizio di questo tipo, ma la peculiarità dell’idea di Kiselev sarebbe l’impiego di celle elettrochimiche.
Quando ha avuto l’intuizione di queste innovative batterie, Kiselev non è riuscito ad ottenere un finanziamento per la sua ricerca: ma essendo molto convinto dell’idea, lui e i suoi colleghi hanno deciso di auto-finanziarsi.
Il ricercatore è così riuscito a presentare la sua idea al concorso, ed è stato poi contattato da diversi imprenditori (per lo più cinesi a turchi) interessati ad introdurre sul mercato una batteria basata sul principio da lui ideato. Il punto interrogativo che rimane, una volta confermato che le batterie funzionano come promessi, è se sia possibile realizzarle in modo economicamente conveniente, dato che il trizio è un isotopo molto raro in natura.