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Anche il Giappone ha il suo “angelo della scogliera”: ha salvato 500 persone dal suicidio

screenshot da Vimeo

Forse qualcuno di voi ricorderà la bella storia dell’“Angelo della Scogliera”, l’australiano Don Ritchie, che nel corso della sua vita ha salvato oltre 160 persone dal suicidio. Una storia simile arriva anche dal Giappone: si tratta di Yukio Shige, che negli ultimi 11 anni avrebbe convinto oltre 500 persone a desistere dal suicidio: a differenza di Ritchie, che si è trovato “per caso” ad fermare gli aspiranti suicidi perché tentavano di lanciarsi da un punto panoramico vicino alla sua casa, Shige ha deciso con convinzione di dedicare la sua vita a impedire i suicidi.


Diversi anni fa, un suo amico si era tolto la vita: “Mi hanno detto che si sia ucciso. Aveva affittato una macchina nel nord-est del Giappone e si è lanciato in mare”, racconta Shinge. “Ho visto tanto dolore. Non voglio altri lutti. Fermati a immaginate la scena: qualcuno è seduto e crede che la sua unica possibilità è quella di farla finita, si sentono soli con la loro ombra, ma credo che in realtà vogliano aiuto. Vogliono qualcuno che intervenga a salvarli”.

Uno dei primi incontri che Shige aveva con aspiranti suicidi è stato nel 2003. Yukio, che allora faceva il poliziotto ed erano una delle sue ultime pattuglie prima del pensionamento, ha incontrato una coppia di anziani che possedeva un pub ed erano fino indebitati fino al collo, e non vedevano altre soluzioni che il suicidio. Shige ha chiesto un auto di pattuglia e li ha fatti portare in un ufficio dei servizi sociali, dove ha cercato di fare ottenere loro un aiuto. Purtroppo, alla coppia di anziani fu negato un assegno di assistenza, e cinque giorni più tardi, i due si impiccarono. L’incidente ha molto scosso Shige, e la sua determinazione a combattere i suicidi solo si è fatta ancora più forte.

Da allora Shige è riuscito a salvare oltre 500 vite, in un paese come il Giappone con uno dei tassi di suicidio più alti al mondo. Shige pattuglia le scogliere di Tojinbo, nella prefettura di Fukui, un sito turistico popolare ma noto anche per i suicidi. Lui va lì ogni singolo giorno, con altri tre volontari. Con un binocolo per individua le persone che sembrano pensare al suicidio, le raggiungono per parlare con loro e convincerle a desistere. L’impegno del settantenne gli ha fatto guadagnare il soprannome di “Uomo chotto matte”, dove il giapponese ‘chotto matte’ si può tradurre con l’italiano “Aspetta!”.

Shige racconta che la sua esperienza gli ha insegnato molto su cosa non dire agli aspiranti suicidi. Una volta, quando gli capitò di essere fuori città, gli amici volontari di Yukio trovarono una giovane donna che guardava giù dalla cima di una scogliera, pronta a saltare. Quando uno di loro si avvicinò, lei disse: “Non parlare con me per 10 minuti”. Ma in pochi minuti, diversi agenti di polizia si erano radunati lì intorno ed era arrivata anche un’ambulanza. Tutti cercavano di convincerla a non saltare per cinque ore di fila. Alla fine, ha detto, “Sayonara”, e saltò giù.

Quando Shinge tornò , chiese di sapere quello che la polizia aveva detto alla ragazza. “Le hanno detto, ‘Pensa a come tua madre e padre devono essere preoccupati’!’”, gli raccontò il volontario. Yukio diventa ancora rosso di rabbia ali ricordo: “È la cosa peggiore che si possa fare!”.

Shinge spiega che c’è solo un modo per trattare con la gente che vuole farla finita: aiutarli in prima persona. “Tu stesso devi aiutarli a rimettersi in piedi, devi lavorare con loro per risolvere i loro problemi. Se sono in debito, li porto da chi si occupa di assistenza legale, se sono senza lavoro, li porto ad un’agenzia di collocamento, se sono senza casa, li porto a casa con me”, dice.

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