Il caso della quotazione di Facebook è estremamente interessante, perché mostra in modo evidente come spesso le analisi siano distorte sulla base di preconcetti decisamente forti. In questo caso l’assunto da cui nessuno riesce a staccarsi è “Facebook è famoso quindi deve andare bene in borsa”.
Ecco che quindi se le performance non sono quelle che dovrebbero si cercano “scuse”. L’ultima è il fondatore (e attuale CEO), Mark Zuckerberg, che sarebbe troppo giovane e non rassicurerebbe con la sua immagine gli investitori, e quindi dovrebbe cedere la gestione della parte amministrativa a qualcuno di più competente e preparato.
Il problema di facebook però è tutt’altro: è il modello di business che non è solido. E’ il classico problema della “bolla di internet” di ormai dieci anni fa: avere molti visitatori non vuol dire essere in grado di monetizzare questo traffico. E la natura stessa di facebook rende difficile la monetizzazione. Inoltre, facebook è forse già oltre il suo picco, ed è destinato a ridimensionarsi notevolmente, anziché a crescere.
Per quanto riguarda il primo aspetto, come avevamo accennato qualche tempo fa, la resa pubblicitaria su Facebook non potrà mai essere elevata, perché la gente non va su Facebook con l’idea di fare acquisti o di cercare informazioni su prodotti da acquistare. E se lo fa, chiede informazioni ad amici e parenti, e non è ricettiva verso informazioni “terze” (ad esempio, banner pubblicitari). Per confronto, il caso di Google è diverso perché è ben più verosimile che un utente cerchi informazioni tramite il motore di ricerca su prodotti che desidera acquistare, ed è quindi in uno stato mentale più favorevole per prestare attenzione ai banner. Il che, in altre parole, vuol dire che per chi fa pubblicità c’è un ritorno (diretto o indiretto) più elevato.
Il secondo punto è forse più grave per gli investitori: facebook sta passando di moda. Gli utenti passano meno tempo su facebook, anche perché molti si sono resi conto che molte fotografie o idee è meglio non gettarle in pasto alla rete, e questo però vuol dire che anche chi magari andava su facebook per leggere gli aggiornamenti degli amici trova molti meno contenuti. Risultato: visiterà facebook ancora meno.
A scoraggiare ulteriormente l’utilizzo di facebook a nostro parere anche la “guerra” portata a chi utilizzava un alias anziché il proprio vero nome ed in generale ai “falsi profili”. La ricerca di qualità è di per sé positiva, ma molti utenti preferiscono garantirsi un certo grado di anonimato, sia per riservatezza che per evitare altri oltre ai conoscenti stretti possano trovare facilmente foto o informazioni. Che però è l’obiettivo su cui facebook sta invece puntando.
Il problema di facebook è a nostro parere che trascura un fatto fondamentale della natura umana: le persone non sono “univoche”, ma indossano “maschere” diverse a seconda del contesto. C’è come è uno in ufficio, come è con gli amici, con i genitori, con la moglie, con i figli. Si tratta sempre della stessa persona, eppure sempre di persone diverse (a volte anche in modo significativo), che non possono essere mescolate: non ci si può comportare con i figli come se fossero colleghi di ufficio. Non solo, ma in genere le persone vogliono tenere ben separate queste “maschere”: ad esempio, è frequente che uno magari non voglia fare sapere ai colleghi (non a tutti, almeno) come si comporta alle feste con gli amici. Facebook ha raggiunto una massa tale che non permette più di mantenere dei compartimenti stagni tra queste “maschere”, e per questo a nostro parere è destinato ad essere un po’ alla volta abbandonato da molti utenti.
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