Economia e Finanza

Investimenti privi di rischio e diversificazione

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Armando Carcaterra, Direttore Investimenti ANIMA), parla degli investimenti in titoli pubblici, che erano considerati fino a poco tempo fa privi di rischio (a torto, a nostro parere): la “riscoperta” del rischio sovrano può portare effetti positivi per il futuro.
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1. Esistono ancora investimenti privi di rischio?
Fino a pochi anni i titoli di Stato di ciascun paese erano considerati “privi di rischio” dagli investitori di quello stesso paese. E lo Stato non poteva mai essere insolvente perché in possesso di un’arma definitiva: la creazione di moneta legale. Grazie a ciò i debiti potevano essere rimborsati “stampando” i mezzi di pagamento di cui lo Stato aveva bisogno.
Tuttavia, è noto che l’immissione di un eccesso di moneta nel circuito economico si traduce in eccesso di domanda rispetto alla produzione di beni e l’eccesso di domanda – aumentando i prezzi delle merci- riduce anche il potere di acquisto della moneta in circolazione. L’iper-inflazione è infatti una forma indiretta di “insolvenza” dello stato debitore: quando l’inflazione è molto alta il rimborso dei titoli di Stato rimette nelle mani degli investitori un potere d’acquisto molto inferiore a quello di cui essi disponevano al momento della sottoscrizione.
Anche con un’inflazione moderata come quella attuale l’erosione del valore del debito permane, ma è quasi impercettibile. Anche in situazioni ordinarie, cioè, lo Stato debitore gode di un vantaggio invisibile che gli economisti hanno battezzato “signoraggio”.
2. Cosa si intende per signoraggio dello Stato?
Il “signoraggio” dello Stato deriva dalla possibilità stessa di battere moneta. Quando l’inflazione non è alta, è proprio questa possibilità che conferisce ai titoli governativi lo status di attività “prive di rischio”. A sua volta, questo status privilegiato di debitore “privo di rischio” si traduce per lo Stato in tassi d’interesse inferiori a quelli dei debitori privati, cioè in un costo dell’indebitamento più basso.
Da quando la crisi ha radicalmente cambiato questa percezione, il debito governativo deve guadagnarsi sul campo lo status di riskless asset come accade ai “comuni mortali”: vale a dire garantendo la propria solvibilità attraverso comportamenti virtuosi.
Con l’introduzione dell’Euro il potere di creare moneta è stato trasferito ad un’istituzione indipendente, la BCE. Da qui il problema del diverso grado di sostenibilità dei debiti pubblici degli Stati membri: il mercato si si pone il problema di separare i veri titoli di Stato “privi di rischio” (quelli degli governi virtuosi) da quelli che lo sono un po’ meno.
Oggi anche tra i titoli di Stato si è creata una gerarchia del rischio e questa gerarchia si riflette in rendimenti diversi tra loro. Non a caso, il “premio al rischio” si misura ora con lo spread rispetto all’unico investimento “privo di rischio” rimasto: i titoli di Stato tedeschi.
3. Ma è davvero un male questa riscoperta del reale “rischio sovrano”?
Una recente simulazione del Fondo Monetario Internazionale, estesa ai titoli di Stato di 14 diversi paesi avanzati e a 5 indici azionari, ha dimostrato che le combinazioni ottimali di portafoglio realizzabili dopo il 2008 sono caratterizzate da rendimenti sempre più alti e da una rischiosità sempre più bassa dei portafogli ottimali realizzabili prima della crisi.
Non è un paradosso: la dilatazione degli spread tra i rendimenti dei titoli degli Stati sovrani, oltre a ridurre il numero dei “porti sicuri” ha anche aumentato le opportunità di diversificazione.
Maggiore è la differenziazione tra i comportamenti degli strumenti finanziari, migliore può essere la realizzazione di combinazioni efficienti tra essi. Non è l’esistenza di molte attività “prive di rischio” che riduce la volatilità del portafoglio: ne basta infatti una sola. Più sono le attività rischiose che si comportano in modo disomogeneo (inclusi i titoli di Stato di paesi diversi), migliore è la frontiera dei portafogli ottenibili: per ogni dato livello di rischio è cioè raggiungibile un rendimento più alto.
Tra tante cattive notizie, la vecchia teoria finanziaria ce ne regala oggi almeno una buona.

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1 commento

  • Articolo davvero interessante. Si potrebbe avere il link della ricerca del FMI?
    Grazie 1000