Economia e Finanza

C’è veramente un vantaggio economico ad abolire le Province?

economia e finanza

L’abolizione delle Province torna ad essere un tema di attualità: in molti hanno sostenuto la loro abolizione, ma ci sono almeno altrettante resistenze che spingono per mantenerle. Ed infatti, lo scenario in vista della scadenza dei mandati di alcune Province, il prossimo maggio, appare piuttosto confuso, e non si sa ancora se saranno rinnovate o abolite: nel frattempo, la soluzione più probabile è che vengano commissariate.
Va detto che a sostegno di entrambe le ipotesi (abolizione o conservazione delle Province) ci sembrano essere  (anche) delle considerazioni “errate”:


  • da un lato, c’è chi sostiene il mantenimento delle Province più che altro per l’interesse a mantenere una “poltrona”, o comunque una ‘rendita’ legata alla presenza dell’ente.
  • dall’altro  c’è chi sostiene vadano abolite perché ha “sbagliato a fare i conti”, dimenticando che comunque le competenze delle Province vanno trasferite a Regioni e Comuni, e quindi non si potrà mai avere un azzeramento del costo delle Province, ma anzi si ha un risparmio se e solo se gli enti che ne assumono i compiti sono in grado di effettuarli con efficienza superiore.

Per quanto la “questione Province” sia considerata una questione politica, si tratta invece di un problema puramente economico. Una ricerca economica affronta in modo specifico questo problema:

Il numero ottimale di giurisdizioni locali è quello che media tra due esigenze opposte.

  • Un aumento della numerosità riduce sia la dimensione del territorio servito dall’ente locale  sia la distanza tra centro di erogazione di beni  pubblici e luoghi di consumo. Questa diminuzione può migliorare l’azione dell’ente locale  se vi sono, ad esempio, preferenze differenziate nel territorio.
  • D’altro canto, una crescita del numero degli enti locali è costosa se esistono economie di scala nella fornitura dei beni pubblici.

In altre parole, la questione riguarda puramente quanto siano effettivamente differenziati i territori delle diverse province, e se vi siano o meno economie di scala. È chiaro che un esame di questo tipo non è “banale”, nel senso che non è facile stimare con precisione la dimensione delle economie di scala. Ma la ricerca di cui dicevamo prima arriva a qualche conclusione interessante sulle nuove province che sono nate negli ultimi anni

[…] si concentra sulla creazione di alcune nuove province, avvenuta in Italia  nel corso degli anni ’90,  al fine di valutare empiricamente se all’accresciuto frazionamento territoriale siano corrisposti vantaggi in termini di sviluppo economico, istruzione pubblica e qualità delle strade. Si tratta di beni pubblici sui quali, tra gli altri, si concentra l’azione delle province italiane (in concorrenza con altri livelli di governo) e per i quali, al contempo, sono disponibili indicatori che ne
misurano la quantità prodotta.
[…]
I risultati indicano che, nell’esperienza degli anni ’90, l’introduzione di nuove province non ha prodotto benefici significativi in termini di sviluppo economico e di capitale umano per i comuni coinvolti. I risultati vengono confermati anche cambiando la scelta dei comuni coinvolti, del gruppo di controllo e le specificazioni funzionali della stima.

Ecco allora che possiamo ipotizzare una prima conclusione: non possiamo concludere che le Province sono “inutili”, ma molto probabilmente sono troppe, e un accorpamento di molte di esse non porterebbe ad un degrado dei servizi ai cittadini.
Banche e Risparmio [http://www.banknoise.com]

Loading...

1 commento

  • Apprezzo gli articoli che affrontano seriamente i problemi, basando le loro conclusioni su dati e fatti verificati e studiati e non sulla semplice demagogia e sul polulismo.
    Sono daccordo con le conclusioni: razionalizzare è corretto, purchè permanga la democratica rappresentanza eletta dai cittadini. Abolire per placare il furor di popolo è non solo sbagliato, ma addirittura dannosso ed antieconomico. Chi propone abolizioni solo per farsi bello di fronte a cittadini, aimè poco informati ed “assetati di sangue”, rischia di mandare avanti provvedimenti demenziali (di cui il Governo Monti si è fatto attivo artefice) con gravi danni per la macchina amministrativa e risparmi nulli.
    Mi auguro che si cominici ad aprire gli occhi e ragionare sulle cose, come chi ha scritto questo articolo ha voluto fare approfondendo un minimo le questioni.