Economia e Finanza

La variazione della ricchezza influenza la propensione al rischio: quali sono le implicazioni?

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Uno studio analizza come la variazione della ricchezza influenzi la propensione al rischio. Detto così, si tratta di un concetto relativamente prevedibile: non solo chi è più ricco potrebbe essere più propenso a esporsi a rischio finanziario, ma chi vede la sua ricchezza diminuire (ad esempio, per perdite in borsa o per svalutazione dell’immobile che possiede), tende a ridurre il rischio dei propri investimenti.


I principali risultati dell’analisi econometrica, in cui si tiene conto di una possibile distorsione derivante dall’esclusione dal campione delle famiglie che decidono di non investire in attività rischiose, sono i seguenti:
1) gli investitori che hanno sperimentato un calo della propria ricchezza finanziaria mostrano una minore propensione a detenere attività rischiose, a parità di aspettative su rendimenti medi e volatilità, e quindi un aumento della loro avversione al rischio;
2) l’effetto è maggiore se nelle componenti della ricchezza vengono incluse anche le attività meno liquide, quali gli immobili e le partecipazioni in imprese non quotate; in questo caso una riduzione del 10% della ricchezza può riflettersi in una riduzione della quota investita in  attività rischiose di quasi cinque  punti percentuali.

L’implicazione di questo studio però è interessante, perché offre una chiave di lettura diversa sull’andamento dei mercati finanziari, specie degli ultimi mesi.
Infatti, le variazioni delle composizione dei portafogli di investimento, e di conseguenza l’andamento di molti titoli  — azioni, obbligazioni, titoli di stato  —  non sarebbe da ricondurre (almeno, non unicamente) ad una variazione delle aspettative (cioè di una variazione del rischio percepito), ma ad una variazione della propensione al rischio degli investitori.
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