Tocchiamo un tema di attualità — quello dell’acqua pubblica — dato che oltre all’interesse intrinseco offre anche molti spunti applicabili al mondo delle privatizzazioni in generale.
Prima serve fare una doverosa premessa: in senso economico l’acqua non è un bene pubblico, come alcuni hanno sostenuto. Un bene pubblico, in senso economico, ha due caratteristiche:
- Assenza di “rivalità” nel consumo: il fatto che il bene venga “consumato” da un soggetto non comporta che altri non possano usufruirne nello stesso momento.
- Non escludibilità nel consumo: una volta che il bene è stato prodotto (o esiste) non è possibile impedirne la fruizione da parte di soggetti.
Come dovrebbe essere evidente, l’acqua non rispetta nessuna di questi requisiti. Per quanto riguarda il primo punto, è chiaro che se l’acqua la beve una persona, non la può bere un’altra; sul secondo punto, in teoria qualcuno potrebbe pensare di raccogliere l’acqua potabile in enormi cisterne e distribuirla a proprio piacimento. L’acqua rientra invece bene nel concetto di risorsa scarsa, e quindi di bene economico. [Fuori tema: osservate come invece come le caratteristiche di bene pubblico somiglino a quelle di alcuni beni digitali…]
Chiarito “che cos’è” l’acqua, ci sembra opportuno chiarire alcuni equivoci che ci sono spesso introno al tema delle privatizzazioni:
- La gestione privata non è “intrinsecamente” più efficiente della gestione pubblica. La gestione pubblica può essere altrettanto efficiente, se si applicano sistemi organizzativi opportuni, meno focalizzati sulla burocrazia e più sui risultati. La burocrazia ha lo scopo (apprezzabile) di garantire la regolarità dei processi organizzativi, ma quando diventa il fine e non il mezzo inevitabilmente l’efficienza si perde. Anche idee come quella che i privati siano meno corruttibili e lavorino meglio, oppure che investano di più, sono a nostro parere errate: è possibile che si verifichi ciò, ma non è un fatto “intrinseco” nella natura pubblica o privata.
- È vero che il libero mercato comporta (normalmente) benefici per i consumatori, ma il libero mercato deve essere innanzi tutto un mercato. Il problema è che spesso si parla di concorrenza in relazione a contesti che non sono mercati concorrenziali, ma al massimo oligopoli quando non addirittura quasi-monopoli. Parlare di “mercato dell’acqua” potrebbe avere teoricamente senso se da un lato, chiunque potesse “vendere” acqua, con nessuna o poche barriera all’entrata, e dall’altro il consumatore potesse liberamente scegliere da chi comprare l’acqua. Uno scenario che però pare molto poco realistico: se non fossi soddisfatto della qualità dell’acqua che mi arriva a casa, o del costo, non posso cambiare acqua. Quindi sostanzialmente non esiste nessun mercato dell’acqua.
- Ecco allora che la privatizzazione non è basata sui vantaggi che porterebbe un contesto di mercato, ma sull’assunto che i privati gestiscano meglio del pubblico. Un assunto che abbiamo già detto che riteniamo infondato.
- Inoltre, il fatto che la remunerazione dell’investimento sia fissata per legge toglie uno dei “motori” della presunta maggiore efficienza dei privati: la remunerazione del capitale dovrebbe dipendere dalla abilità di gestione, dal saper combinare la soddisfazione del cliente (che quindi compra il prodotto/servizio) con l’efficienza e il contenimento dei costi. Se la remunerazione avviene automaticamente (in percentuale sulla bolletta) manca l’incentivo ad una migliore efficienza.
- A questi problemi si aggiunge l’approccio agli appalti (e gli affidamenti di concessioni non sono tanto diversi) che viene utilizzato in Italia, e cioè quello del “minor costo”. La valutazione puramente basata sull’uscita (o l’entrata) immediata di cassa è una valutazione che non sempre porta alla scelta del prodotto migliore. È come entrare in un negozio di scarpe e comprare quelle che costano meno: difficile che siano le più comode o quelle che durano di più. Il costo è solo uno degli elementi con cui si valuta un prodotto: può essere l’unico solo se uno ha definito in partenza con estrema precisione le caratteristiche del prodotto. Che vuol dire: scrivere l’appalto avendo già in mente chi deve essere il vincitore.
Banche e Risparmio [http://www.banknoise.com]
Articolo interessante.
Una precisazione: ho sempre pensato che l’acqua fosse un bene pubblico, tu “in senso economico” sostieni di no. A questo punto quali possono essere esempi di beni pubblici? l’aria che respiriamo e cos’altro?
Un bene pubblico è ad esempio un’opera d’arte: ad esempio, una statua in una piazza cittadina.
Il fatto che io guardi una statua non impedisce a te di guardarla, e una volta che la statua è posizionata, non si può impedire a nessuno di vederla.
In realtà “beni pubblici” (in senso economico, sempre), sono molto pochi, meno di quello che gli economisti consideravano un po’ di anni fa, per il semplice motivo che le risorse sono quasi tutte scarse: l’acqua effettivamente era considerata da più di qualcuno un bene pubblico, perché era considerata inesauribile… purtroppo, non è così.