Ieri Repubblica ha pubblicato un interessante articolo dedicato a Bitcoin, una valuta digitale “creata da gruppi di hacker e che già viene usata per acquistare su aste online telefoni cellulari o dvd, o per giochi d’azzardo sulla rete”. È importante non equivocare il concetto di hacker, come spesso avviene, che va inteso come “smanettone” e non come “pirata”.
Fatta questa doverosa premessa, ci sono diverse considerazioni che è bene tenere ben distinte (anche perché la moneta già di per sé è un tema che crea confusione per molti):
- un aspetto che possiamo definire sicurezza intrinseca (autenticità), cioè la possibilità (o meglio la non possibilità) di duplicare la moneta. Si tratta di un problema puramente tecnologico.
- un aspetto di sicurezza nell’utilizzo, cioè legato al fatto che le transazioni elettroniche anonime possono essere usate da anche per operazioni illegali (ad esempio da terroristi o dalla criminalità organizzata). Questo chiaramente non è un problema della sola moneta elettronica ma di tutte le transazioni anonime, a partire da quelle basate sul contante.
- un aspetto di gestione della moneta, cioè legato a come viene emessa e come viene gestita.
L’aspetto che ci interessa di più, in questa sede, è l’ultimo, dato che diremmo che è quello che definisce una moneta da qualcosa che non lo è. Il fatto che (citiamo) “gli operatori e giocatori sui cambi della valuta virtuale, spesso si sono fatti ricchi dal nulla” apre la porta al dubbio che qualcuno pensi di guadagnare stampando soldi (virtuali, in questo caso). Un sistema che però non funziona, se non nel brevissimo periodo.
Non è detto sia un problema nel caso specifico, ma è utile tornare a sottolineare, come abbiamo già fatto più volte in passato, che la moneta “in sé” non ha valore (qualunque forma di moneta, compreso l’oro) e il suo ruolo è solo quello di semplificare gli scambi agevolandoli (anziché scambiare un chilo di pere con un chilo di mele, posso cedere le pere in cambio di una nota di credito — la moneta — e poi usarla per comprare le mele). Il “valore reale” però rimane sempre nelle pere e nelle mele, non nel qualcosa che è stato usato per intermediare lo scambio.
Il meccanismo si inceppa se io non ho delle pere da scambiare, ma mi scrivo per conto mio delle “note di credito”. Molti di voi avranno riconosciuto lo scenario del signoraggio (che per la precisione sarebbe il guadagno dato dalla differenza tra il valore delle mele che compro, e il costo della creazione di quella che abbiamo chiamato nota di credito). Per inciso, il motivo per cui la moneta è emessa da enti terzi (le Banche Centrali) non “dipendenti” dallo Stato è proprio prevenire che lo Stato sia tentato di pagare i suoi debiti in questo modo, stampando moneta. Sempre per inciso, le Banche Centrali solitamente non effettuano pagamenti con la moneta che emettono, che viene invece prestata, quindi non va ad alterare l’equazione pere-mele di cui dicevamo prima (almeno, in prima approssimazione).
Per quanto riguarda Bitcoin, ci sembra dunque di poter dire che sarebbe importante che fosse chiarito come viene gestita e creata la moneta, non solo perché è un aspetto determinante per l’affidabilità della moneta, ma perché è un tema che per il grande pubblico è solitamente “misterioso” (quando non oggetto di congiure di vario tipo), e quindi sarebbe bello che una moneta “open source” partisse dal rendere condivisi questi aspetti.
Banche e Risparmio [http://www.banknoise.com]
Questo bitcoin e’ molto interessante, vedo molte analogie con l’uso dell’oro come moneta di scambio.
La differenza consiste nel fatto che l’oro non e’ fisico ma e’ virtuale.
Cosi’ come e’ necessario estrarre l’oro fisico con ingenti risorse energetiche, allo stesso modo i bitcoins si estraggono in modo virtuale risolvendo complessi problemi matematici tarati in modo tale da richiedere parecchie energetiche e computazionali.
Chiunque puo’ estrarre bitcoin (mining), cioe’ coniare bitcoins dal nulla, basta dotarsi di un potente PC e tanta pazienza usando un programma apposito opensource. Statisticamente si possono arrivare a coniare circa 50 bitcoins all’anno, del valore al cambio attuale di circa 1 dollaro.
Questo e’ il modo in cui i bitcoins vengono coniati in modo distribuito, senza il controllo di un’autorita’ centrale che stampa moneta a piacimento.
ll valore intrinseco del bitcoin a regime dovrebbe quindi risultare direttamente proporzionale al costo dell’energia elettrica ed al costo computazionale (costo per GFLOPS).
A differenza dell’oro fisico quindi, che per definizione e’ una risorsa scarsa e limitata, il bitocoin potrebbe divenire facile preda di abusi con conseguenze nefaste in termine di rapida svalutazione.
Basta pensare a chi ha accesso a grossi mainframes quanti bitcoins al giorno e’ in grado di generare ed immettere nel sistema senza dare nell’occhio in barba alla progressione prevista dai creatori degli algoritmi.
Basta che un fisico del CERN usi per divertimento il centro di calcolo distribuito di LHC per qualche ora per causare iperinflazione da bitcoins con la conseguenza di azzerarne di fatto il valore e producendo un danno economico enorme a tutti coloro che hanno speso euro o dollari sonanti per acquistarli poco tempo prima.
Insomma, anche senza voler tirare in ballo difficili crack degli algoritmi crittografici allo scopo di falsificare bitcoins, basta qualche buontempone dotato di ingenti risorse computazionali (magari i governi stessi) per far crollare miseramente tutto il sistema.
jack
Attualmente il problema dei bitcoin è l’altissima deflazione, visto che in pochi mesi il valore di un btc si è praticamente centuplicato e nell’ultima settimana è passato a 6$/btc a 13$/btc, e non accenna a diminuire. infatti adesso 50 btc valgono circa 650 dollari.
@POF
vedo che il valore del bitcoin sta subendo una speculazione straordinaria, ho visto su http://www.mtgox.com prezzi correnti attorno ai 10$/BTC.
Tutto cio’ mi pare francamente assurdo, il costo di produzione (mining) di un bitcoin dovrebbe essere oggi di pochi centesimi di euro.
Scoppiata la bolla mi aspetto che a regime il valore di un bitcoin debba necessariamente convergere verso il costo dell’energia elettrica necessaria per produrlo (piu’ costo ammortamento dell’hardware).
jack
Anche a me il problema dei bitcoin non sono le possibilità di estrarli dal nulla mining con potenti calcolatori (che costano una enormità e che consumano una enormità di energia elettrica) ma è l’altissima deflazione, io ho pagato un bitcoin quasi dodici euro e già oggi, dopo un giorno, il prezzo sta salendo:
http://bitcoincharts.com/markets/
Mi pare di capire che il motivo di questo aumento repentino delle quotazioni del BT sia correlato alla maggior difficoltà estrattiva (l’algoritmo ha praticamente raddoppiato la difficoltà a Maggio).
La difficoltà attuale taglia fuori di fatto i PC dalla corsa all’oro virtuale, per riuscire ad ottenere un buon margine di ricavo dal mining occorre almeno una potente GPU.
Questa è una macchina da soldi virtuale con margini di guadagno altissimi:
http://www.youtube.com/watch?v=G5f_e4P6gMA
jack
@Jack: il costo di produzione non ha proprio nulla a che vedere con il valore della moneta… perdonami la semplificazione, ma la moneta vale le transazioni che rappresenta: se io scambio con te pere con mele, l’inchiostro con cui hai scritto che le mele me le dai domani non c’entra nulla! Quel che conta sono se e quanto sono buone le mie pere e le tue mele.
Esatto, l’aumento di prezzo attuale è dovuto in pratica alla sola speculazione…. il prezzo è aumentato perché c’è un sacco di gente che vuole cambiare dollari con BTC, mentre in pochi sono disposti a vendere, perché pensano che il prezzo salirà ancora. L’aumento del valore porta più gente a cercare di crearlo tramite mining, e questo non fa che aumentare il livello di difficoltà necessario per estrarlo, in quanto l’ammontare di Bitcoin che viene genearato periodicamente è FISSO. E’ già incluso nell’algoritmo interno del programma. Infatti la quantità di bitcoin che vengono creati seguono una curva geometrica, e questo non può essere cambiato.
http://blog.eset.com/wp-content/media_files/total_bitcoins_over_time_lg.jpg
@MARK75
uhm…non sono mica d’accordo :)
Quello che dici vale per una moneta che viene generata e imposta per legge da un’istituzione centrale. Tant’è che il costo di produzione di una banconota da 100 euro, per esempio, è di pochi centesimi.
Il caso dei bitcoins è alquanto diverso, è molto più simile all’uso dell’oro fisico come moneta convenzionale di scambio.
Supponi che il prezzo di un cesto di mele corrisponda oggi ad 1 grammo d’oro.
Per poter comprare le tue mele potrò per esempio lavorare come facchino un paio d’ore, incassare il mio salario (1 grammo d’oro) che ti consegnerò in cambio delle agognate mele.
Potrebbe certo venirmi l’idea di andarmi a cercare l’oro in un torrente: quanto mi costerebbe in termini di lavoro? Tanta fatica, molto probabilmente molto più di 2 ore di facchinaggio, considerando anche i costi logistici. Dunque non mi conviene affatto estrarre l’oro, devo necessariamente guadagnarmi la moneta-oro lavorando in altro modo.
Ora viene il bello.
Supponi che un bel giorno, per effetto di una geniale innovazione tecnologica, chiunque venga messo nelle condizioni di poter estrarre 1 grammo d’oro con appena un minuto di lavoro.
Il prezzo delle mele va alle stelle, per comprare un cesto di mele dovrò sborsare fino a 120grammi d’oro, il nuovo prezzo di equilibrio.
A questi prezzi mi conviene estrarre l’oro?
Non più, mi tocca tornare a fare il facchino per comprare le tue mele.
Con il bitcoin è la stessa cosa, oggi 1 bitcoin vale circa 10 euro.
Se estrarre un bitcoin mi costa 1 euro (energia+ammortamento hardware), avrò tutto l’interesse ad estrarmelo da solo piuttosto che comprarmelo in borsa.
Ma così facendo il valore di un bitcoin è destinato a scendere, fino al punto da non risultare più economicamente conveniente estrarlo.
Ecco che il valore di un bitcoin a regime dovrà tendere necessariamente al costo dell’energia elettrica+ammortamento hardware necessari per estrarlo.
jack
Sì, ho capito il tuo ragionamento…