Il 10 luglio scorso, Zopa — una delle prime piattaforme di “social lending” operanti in Italia — è stata “espulsa” dall’elenco degli intermediari finanziari, e per il momento non può continuare la propria attività, centrata su un modello di investimento innovativo, che mette in contatto diretto gli investitori/risparmiatori che prestano il denaro con chi necessità di un prestito, allo scopo di migliorare l’efficacia di queste transazioni, permettendo ad entrambi un guadagno.Il motivo di questa “espulsione” è il fatto che Zopa “acquisiva la titolarità e la disponibilità dei fondi conferiti dai prestatori, violando l’obbligo di separatezza delle disponibilità di terzi da quelle della società“. Peraltro, va detto da questa decisione che i Prestatori e i Richiedenti attualmente attivi non vengono penalizzati — viene “solo” bloccata la possibilità di effettuare nuove transazioni — con l’eccezione forse significativa che non è più possibile usufruire del “Rientro Rapido”
Inutile dire che questa esclusione ha scatenato animate discussioni, da una parte chi sostiene che questa sia la dimostrazione che i sistemi di social lending sono inaffidabili e truffaldini, dall’altra chi vede nell’azione del Ministero dell’Economia e delle Finanze come una sorta di “vendetta” contro un’innovazione nel mondo della finanza.
In realtà, entrambe le posizioni sono oggettivamente fuori luogo. Se un intermediario finanziario fa qualcosa di diverso da quello che è autorizzato a fare, e soprattutto se diventa “parte in causa” nelle operazioni che gestisce — cosa che di per sé lo rende non più un semplice intermediario — è innegabile la correttezza del fatto che debbano essere presi provvedimenti, quale appunto la revoca dell’iscrizione all’albo. Si tratta di una regola generale, che non può avere eccezioni, a tutela dei risparmiatori, degli investitori e di tutti i soggetti che sono coinvolti nelle attività finanziarie. Neanche se il progetto “è bello”, come può essere nel caso del social lending di Zopa, perché fatta un’eccezione, fatte mille: le regole devono essere applicate (oltre a dove essere applicabili, ma questo è un’altro discorso). Se stessimo parlando di qualunque altro intermediario all’infuori di Zopa, non ci sarebbe il minimo dubbio sulla questione. A poco serve anche il discorso “ma si sapeva come funziona Zopa UK”, dato che (oltre ad essere società distinte) non può che fare fede quanto la società italiana aveva dichiarato che avrebbe fatto in Italia.
Banche e Risparmio [http://www.banknoise.com]
Esaminando lo stato patrimoniale delle principali banche italiane, si vede come gli asset intangibili (=aria fritta) siano MAGGIORI della capitalizzazione di borsa. Ricordiamo che in caso di fallimento della banca tali asset valgono ZERO.
http://ilpunto-borsainvestimenti.blogspot.com/2009/07/le-banche-italiane-e-gli-assets-che-non.html
Inoltre molti hanno iscritto gli sportelli a prezzi da fantasia (sui 9-10 mln cadauno), mentre le ultime transazioni si aggirano sui 2,5-3.
Si capisce quindi come vengono redatti tali bilanci: si parte dai debiti (su cui non si può fantasticare) e dal valore che si vuole attribuire al patrimonio netto, e quello che serve per ottenere il risultato viene inventato e spalmato su asset intangibili e su ipervalutazione degli sportelli.
E la Banca d’Italia cosa fa di fronte ad una situazione patrimoniale fallimentare dei principali gruppi italiani ? Niente, va a cavillare Zopa per qualche milione di euro, soldi che stanno molto più al sicuro da loro che non depositati su un c/c di una delle sopraccitate banche.
Sinceramente, mi viene da vomitare