Come conseguenza della crisi economica, diverse imprese italiane sembra stiano tagliando gli investimenti in innovazione e nello sviluppo di nuovi prodotti, e questo vale soprattutto per le piccole e medie aziende.
A prima vista, si tratta di un atteggiamento comprensibile, perché di fronte ad un periodo in cui le risorse disponibili scarseggiano notevolmente, viene naturale tagliare le spese “non immediatamente necessarie”.
A ben vedere, però, è un comportamento che comporta grossi rischi. Infatti, abbiamo avuto modo più volte di sottolineare come l’innovazione non sia un “qualcosa in più”, ma una necessità per la sopravvivenza dell’impresa. Rinunciare ad innovare equivale per molti versi ad “alzare bandiera bianca”, e quindi mettere a rischio il posizionamento (quando non la presenza stessa) dell’azienda sul mercato nel medio-lungo termine.
È proprio durante le recessioni che sarebbe richiesto uno sforzo maggiore per il rinnovamento, se non altro tenendo conto del fatto che “crisi” non vuol dire semplicemente che “le cose vanno male”, ma soprattutto che le cose stanno cambiando. Le aziende vincenti (o semplicemente quelle che durano negli anni) sono quelle che riescono a sfruttare i momenti in cui “diminuisce il peso della normale operatività” per tirare fuori e sviluppare idee nuove, che vuol dire nuovi prodotti o nuovi processi di produzione. Se non altro, perché se il mercato si contrae bisogna guadagnare posizioni: se con una “torta” grande ci si può accontentare di una fetta piccola o delle briciole, se la torta diventa più piccola è necessario darsi da fare per guadagnarsi una fetta maggiore.
Il “taglio” dell’innovazione (che, va detto, non è “generalizzato”: ci sono anche diverse imprese che stanno raccogliendo le sfide che la situazione comporta) denota a mio parere il grosso errore nell’approccio all’innovazione da parte delle imprese italiane. Infatti, l’innovazione non è da molti percepita come una necessità strategica, ma piuttosto quasi come un modo per risparmiare sulle tasse, dedicandovi risorse solo quando ci sono utili “in più”. Inutile dire che è proprio questa mentalità che va superata, per interrompere il declino economico dell’Italia che è in corso da anni, e che ha portato il nostro paese ad un livello di competitività decisamente inferiore ai “paesi industrializzati”.
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