Quando il diciottenne cinese Liu Dawei aveva acquistato 24 fucili giocattolo da un sito online, l’ultima cosa che pensava è che questo lo averebbe portato a passere il resto della vita in prigione.
Le armi, copie di armi vere, sono state fermate in dogana, e la polizia si è presentata a casa del ragazzo, prelevandolo per portarlo in prigione con l’accusa di traffico d’armi. Secondo la polizia, infatti, 20 dei 24 fucili acquistati erano vere armi, e non giocattoli: la cosa quindi farebbe pensare ad un arresto più che legittimo, ma il punto sta nella definizione che la legge dà di arma da fuoco: qualunque oggetto dotato di canna in grado di lanciare un oggetto con una energia pari o superiore a 1,8J/cm2. Una definizione molto tecnica, simile a quella usata da altri paesi dove però questo valore è fissato molto più in alto: ad esempio, ad Hong Kong questo valore è fissato a 7J/cm2, ma ancora più significativo il fatto che nella stessa Cina il valore fosse fissato quasi dieci volte più alto, 16J/cm2,prima di venire abbassato nel 2008.
Insomma, quelle acquistate dal ragazzo sono “vere armi” per la legge cinese, ma non sono in grado certamente di uccidere qualcuno, e probabilmente neppure di ferirlo (secondo l’avvocato del ragazzo, la forza con cui sparano è quello di “una manciata di fagioli lanciati a mano”). I fucili comprati dal ragazzo sono peraltro fatti di plastica, apparentemente neppure troppo solida, e quindi neppure idonei ad essere convertiti in vere armi.
Se probabilmente oggetti del genere non dovrebbero essere dati in mano a bambini piccoil, Liu non immaginava certo di essere arrestato per questi, e tanto meno di essere giudicato con tanta severità.
La pena minima per il traffico d’armi, in Cina, è infatti 7 anni: il giudice però, dato il “grande numero” di armi acquistate da Liu, ha ritenuto che la pena giusta in questo caso fosse la pena di morte, commutata in ergastolo in considerazione della giovane età dell’accusato. Al momento della sentenza, Liu ha chiesto al giudice di poter essere fucilato con le “armi” che aveva comprato: se davvero erano armi pericolose, avrebbe avuto la punizione che meritava, e se invece erano banali giocattoli avrebbe potuto finalmente andarsene in pace.
L’avvocato di Liu ha presentato ricorso ed un nuovo processo dovrebbe avere luogo nei prossimi mesi. Molte, sui social network cinesi, le voci a favore del ragazzo: non solo con molti che sostengono che la legge sulle armi debba essere rivista, ma anche altri che evidenziano come 20 armi non siano poi una quantità tale da giustificare la pena di morte, soprattutto pensando a sequestri di migliaia di armi (e qualche volta decine di migliaia), avvenuti più volte nei porti cinesi negli ultimi anni.
Foto: Chinanews