Economia e Finanza

Come si può rilanciare l'economia italiana?

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Come rilanciare l’economia italiana? Cerchiamo di dare una risposta a questa difficile domanda, dato che spesso (noi compresi) si critica chi propone soluzioni peggiori del male o inapplicabili.
Chi ritiene di avere trovato una soluzione semplice e rapida a un problema complesso ed irrisolto da tempo, molto spesso non ha capito il problema. I problemi dell’Italia non sono nati in pochi mesi ma sono figli di decenni di cattiva gestione economica e politica (che era tollerata quando tutto andava bene, ma al costo di ridurre lo spazio di manovra per quando le cose — come ora — vanno male).  Per cui anche la soluzione non può essere semplice ed immediata.
Chi ritiene di avere trovato una soluzione semplice e rapida ad un problema complesso ed irrisolto da tempo, molto spesso non ha capito il problema.
Per quanto la soluzione non sia rapida, questo non vuol dire che non esistano soluzioni non esistano. Anzi, si può dire che per molti versi siano note da tempo, ma purtroppo è sempre mancata la volontà si perseguirle.
Il primo passo è decidere cosa vuole essere l’Italia nel futuro. Capire cioè quali sono i settori sui cui si vuole puntare, perché si crede che potranno trainare l’economia italiana nel lungo periodo. Si tratta di un passaggio difficile, in primo luogo perché parliamo di orizzonti lunghi (almeno dieci o venti anni), e quindi non è facile capire come potrà evolversi l’economia e la tecnologia. Ma anche perché decidere cosa si vuole essere vuol dire anche decidere cosa non si vuole essere, e quindi togliere supporto a settori che fino adesso sono stati ben “foraggiati”. Ad esempio, l’Italia vuole avere una vocazione “produttiva”? E questo come si combina con il fatto che i giovani di oggi non sono interessati a fare gli operai? Quali sono i settori su cui vogliamo puntare? Moda? Software? Industria pesante?
Sarebbe bello un dibattito in questo senso: qui sì che avrebbe molto senso un’ampia partecipazione dei cittadini. Scegliere il “cosa”, mentre il “come” può (e talvolta deve) essere lasciato a chi ha competenze specifiche: sarebbe meglio che il dibattito fosse su “dove andiamo”, e non solo su “chi guida”.
Scegliere su quali settori puntare è importante perché da quello discendono in modo diretto un gran numero di importanti scelte: quali infrastrutture servono, cosa deve insegnare la scuola, e via così.
Definito il quadro generale, si può pensare più al breve termine. In questo momento quel che più manca è un incoraggiamento all’innovazione, che come investimento incerto per definizione è spesso messa da parte dalle imprese. Il che è grave perché le imprese, già in difficoltà, diventano così sempre meno competitive.
Il meccanismo del credito d’imposta si presta molto bene da questo punto di vista, con la possibilità di per le imprese di “recuperare” in modo automatico i soldi investiti in ricerca e sviluppo (magari in modo differenziato, premiando di più chi collabora con università e centri di ricerca, ma dando la possibilità di beneficiarne anche a chi effettua attività di ricerca internamente). Si tratta di meccanismi che sono già utilizzati, ma vanno armonizzati e strutturati meglio.
Il supporto all’innovazione secondo noi è prioritario anche rispetto alla riduzione del costo del lavoro, perché se i prodotti che un’azienda propone sono “i migliori” sul mercato, allora può permettersi anche di chiedere prezzi più elevati. Al contrario, mettere come priorità il taglio dei costi del lavoro è sinonimo di una gara al ribasso, in cui l’Italia, realisticamente, non può vincere.


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1 commento

  • Ciao, complimenti per il Blog.
    Ma come può un paese del genere andare avanti se le aziende vengono tassate oltremodo.
    Nel web http://www.pillolediborsa.it/finanza/ ho saputo che a giungo 2013 ci aspetterà una batosta senza limiti. In particolare la nuova tassa sui rifiuti aumenterà del 800 %! Incredibile