Economia e Finanza

Diminuiscono i prestiti: colpa della congiuntura economica o delle banche?

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Secondo i dati dell’ultimo rapporto mensile di ABI, emerge come negli ultimi mesi siano diminuiti i prestiti a famiglie ed imprese. La variazione anno su anno dei prestiti alle famiglie e società non finanziarie è del -3,26% a gennaio 2013 (1.467  miliardi di euro contro  gli 1.516 di un anno fa).
Ma qual è l’interpretazione  da dare a questo dato? Nel rapporto ABI, questo viene ricondotto alla congiuntura: “L’andamento è in linea
con l’evoluzione delle principali grandezze macroeconomiche
”. In altre parole: è “colpa” di imprese e famiglie, che non investono e quindi non hanno neppure bisogno di prestiti per investire (quindi preferiscono tenere i soldi nei depositi, che al contrario sono aumentati del 2,54%). Tanto più che “i tassi di interesse sui prestiti sono in assestamento e sempre su livelli contenuti”.
Se andiamo ad analizzare i dati in modo un po’ diverso, lo scenario che emerge è a nostro parere un po’ diverso. In particolare, va guardato non solo l’andamento generale dei tassi di interesse, ma anche lo spread con i tassi di riferimento, che rappresenta il “ricarico” della banca (motivato da diversi fattori, non ultimo il rischio percepito).
Se andiamo a vedere il grafico dell’andamento dei tassi (basato su quanto riportato dalla tabella 4 del comunicato dell’ABI) effettivamente i tassi sono scesi.


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Se però andiamo a vedere lo spread tra il tasso applicato sui nuovi prestiti per acquisto di abitazioni e il tasso Euribor, si vede che la questione è decisamente diversa. (NB: ovviamente lo spread è significativo fino ad un certo punto, dato che il tasso Euribor e il riferimento per i mutui variabili — e neppure tutti — e non per quelli fissi, ma rappresenta comunque il riferimento per la maggior parte dei mutui, per cui ci sembra un confronto pienamente significativo).

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In altre parole, le banche (pur con tutte le possibili “buone” ragioni) stanno scoraggiando i nuovi prestiti.
A questo si aggiungerebbe una maggiore rigidità “qualitativa”, secondo quanto riportato da diverse famiglie di imprese: si tratta insomma di una maggiore rigidità nell’applicazione dei parametri di “eleggibilità” per la concessione del prestito o del mutuo. Si sarebbe passati da un eccesso all’altro: mentre prima della crisi i criteri erano applicati in modo a dir poco superficiale (tanto da scatenare la crisi) adesso sarebbero applicati in modo pedissequo, rendendo difficile l’ottenimento di un prestito.
Si tratta, probabilmente, anche della conseguenza delle nuove regolamentazioni, che sembrano riflettersi nell’economia: non dimentichiamo che un sistema economico senza prestiti è un sistema dove le imprese non possono investire per crescere e le famiglie non possono comprare casa.

Secondo i dati dell’ultimo rapporto mensile di ABI, emerge come negli ultimi mesi siano diminuiti i prestiti a famiglie ed imprese. La variazione anno su anno dei prestiti alle famiglie e società non finanziarie è del -3,26% a gennaio 2013 (1.467  miliardi di euro contro  gli 1.516 di un anno fa).

Ma qual è l’interpretazione  da dare a questo dato? Nel rapporto ABI, questo viene ricondotto alla congiuntura: “L’andamento è in linea
con l’evoluzione delle principali grandezze macroeconomiche
”. In altre parole: è “colpa” di imprese e famiglie, che non investono e quindi non hanno neppure bisogno di prestiti per investire (quindi preferiscono tenere i soldi nei depositi, che al contrario sono aumentati del 2,54%). Tanto più che “i tassi di interesse sui prestiti sono in assestamento e sempre su livelli contenuti”.

Se andiamo ad analizzare i dati in modo un po’ diverso, lo scenario che emerge è a nostro parere un po’ diverso. In particolare, va guardato non solo l’andamento generale dei tassi di interesse, ma anche lo spread con i tassi di riferimento, che rappresenta il “ricarico” della banca (motivato da diversi fattori, non ultimo il rischio percepito).

Se andiamo a vedere il grafico dell’andamento dei tassi (basato su quanto riportato dalla tabella 4 del comunicato dell’ABI) effettivamente i tassi sono scesi.

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Se però andiamo a vedere lo spread tra il tasso applicato sui nuovi prestiti per acquisto di abitazioni e il tasso Euribor, si vede che la questione è decisamente diversa. (NB: ovviamente lo spread è significativo fino ad un certo punto, dato che il tasso Euribor e il riferimento per i mutui variabili — e neppure tutti — e non per quelli fissi, ma rappresenta comunque il riferimento per la maggior parte dei mutui, per cui ci sembra un confronto pienamente significativo).

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In altre parole, le banche (pur con tutte le possibili “buone” ragioni) stanno scoraggiando i nuovi prestiti. 

A questo si aggiungerebbe una maggiore rigidità “qualitativa”, secondo quanto riportato da diverse famiglie di imprese: si tratta insomma di una maggiore rigidità nell’applicazione dei parametri di “eleggibilità” per la concessione del prestito o del mutuo. Si sarebbe passati da un eccesso all’altro: mentre prima della crisi i criteri erano applicati in modo a dir poco superficiale (tanto da scatenare la crisi) adesso sarebbero applicati in modo pedissequo, rendendo difficile l’ottenimento di un prestito.

Si tratta, probabilmente, anche della conseguenza delle nuove regolamentazioni, che sembrano riflettersi nell’economia: non dimentichiamo che un sistema economico senza prestiti è un sistema dove le imprese non possono investire per crescere e le famiglie non possono comprare casa.

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