Economia e Finanza

Le reti di impresa aumentano la competitività?

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Il servizio Studi e Ricerca del Gruppo Intesa Sanpaolo, in collaborazione con Mediocredito Italiano, ha pubblicato il secondo report dell’osservatorio sulle Reti di Impresa.
Il contratto di rete è stato introdotto nel 2009, ed è un accordo con il quale più imprenditori si impegnano a collaborare allo scopo di accrescere, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato, sia a livello di singola impresa che collettivo. Le imprese si obbligano ad un programma comune di collaborazione in forme e in ambiti predeterminati, eventualmente a scambiarsi informazioni o prestazioni (di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica) o a    esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa.
Si tratta di una tipologia di contratto nata prendendo atto della realtà italiana, dove le imprese (in media di dimensioni medio-piccole) hanno spesso bisogno di collaborare per raggiungere la migliore efficienza. Il caso dei distretti industriali italiani è letteralmente da manuale.
Ma se questa è sempre stata la teoria, la domanda diventa: le aziende in rete hanno veramente vantaggi competitivi concreti? Il report analizza proprio questo aspetto.
In sintesi, il quadro che ne esce dipinge le Reti d’Impresa come uno strumento in grado di migliorare la competitività delle imprese e le loro performance reddituali e di crescita, ma è necessario “credere” nello strumento e non semplicemente “farsi trascinare” da partner o clienti chiave, ed essere dispositi a condividere una parte del proprio know-how.


A partire dalla seconda metà del 2011 si è assistito a una forte accelerazione dei contratti di rete. In pochi mesi le reti registrate sono passate da 79 del giugno del 2011 a 441 a fine giugno 2012, per un totale di 2.323 aziende in rete. Nella metà circa dei casi si tratta di micro-imprese con fatturato inferiore a due milioni di euro. Il resto è composto da piccole imprese (il 30% circa con fatturato compreso tra 2 e 10 milioni di euro) e da imprese di medie dimensioni (il 15% del totale con fatturato tra 10 e 50 milioni di euro).
La Lombardia è la regione italiana con più imprese (507) coinvolte in contratti di rete, segue la Toscana (405), al terzo e quarto posto si collocano Emilia Romagna e Veneto (circa 230).
Le imprese maggiormente rappresentate sono quelle dei servizi (44,5%) e dell’industria in senso stretto (35%). E’ significativa anche la  presenza di aziende delle costruzioni (11,1%) e dell’agribusiness (9,3%). La differenziazione produttiva all’interno delle Reti d’Impresa è elevata: una rete su quattro, per esempio, comprende un’impresa dell’industria e una dei servizi.
Le imprese manifatturiere in rete mostrano un migliore posizionamento competitivo rispetto a quelle che non aderiscono a contratti di rete. Sono, infatti, più presenti all’estero con attività di export (45% dei casi vs. 25,2% dei competitor non coinvolti) e attraverso partecipazioni estere (9,7% vs. 3,9%), brevettano di più (14,8% dei casi vs. 5,3%), sono maggiormente sensibili all’attività di certificazione della qualità (26,9% dei casi vs. 14,7%) e dell’ambiente (7,6% vs. 2,8%).
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Tra metà aprile e giugno 2012 il Gruppo Intesa Sanpaolo ha condotto un’indagine presso 281 imprese clienti aderenti a contratti di rete per studiare da vicino gli effetti della rete sulla competitività delle aziende. L’analisi dei risultati va oltre l’indagine statistica e approfondisce la reale capacità delle reti di produrre valore evidenziando le specificità legate al settore, alla dimensione, al territorio e, più in generale, alle caratteristiche del singolo progetto.
Sinergie, efficienza produttiva, promozione, distribuzione e innovazione sono i principali obiettivi delle reti, indicati dal 50% circa delle imprese intervistate. Seguono la creazione e l’utilizzo di un marchio comune (34,2%), la realizzazione di progetti legati alla sostenibilità ambientale (22,8%) intesi come investimenti in energie rinnovabili, produzione di beni per servizi ambientali e riduzione delle emissioni di CO2. Sono invece poche le aziende che partecipano ad una rete per ampliare la base produttiva all’estero (3,2%) o in Italia (1,8%).
Per conseguire gli obiettivi indicati le imprese in rete stanno realizzando investimenti in innovazione (44,5% dei casi), promozione e marketing (39,9%), potenziamento della struttura commerciale (36,3%). Tre imprese su quattro dichiarano di poter raggiungere gli obiettivi indicati e pensano di poter migliorare le loro performance reddituali e di crescita grazie alla rete. Un quarto circa delle aziende intervistate sembra invece credere poco nell’iniziativa che ha intrapreso.
Le attese di rafforzamento della redditività dipendono dagli obiettivi che si è data la rete: in tre casi su quattro vi sono maggiori aspettative nelle reti che puntano contemporaneamente su innovazione e su sviluppo commerciale. La presenza nella rete di un’impresa capofila (un terzo dei casi circa) rafforza e rende più efficace il contratto di rete. La probabilità di migliorare la redditività e di aumentare il fatturato è, infatti, più elevata nelle reti con soggetti capofila. E’ infine maggiore la probabilità di migliorare le performance reddituali per le imprese più innovative (62% vs. 44,2%), più export oriented (55,7% vs. 43,5%) e certificate (52,8% vs. 45,9%).
Le Reti d’Impresa sono un vero e proprio “mercato delle competenze”. Il 47% delle imprese è alla ricerca di competenze in campo distributivo, seguono ricerca e innovazione (37%). E’ parimenti ampia la disponibilità di competenze e capacità produttiva (portate in rete dal 62,6% delle imprese); minore invece la presenza di imprese con competenze distributive (28,5% l’offerta vs. 47% la domanda). E’ significativa infine la presenza di imprese che portano know-how in ricerca e innovazione.

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1 commento

  • Ecco un settore dove lo Stato potrebbe intevenire per creare quella rete di rapporti che si è dimostrata così utile nei distretti industriali italiani.
    Carlo