Economia e Finanza

Italia e uguaglianza: c’è n’è forse anche troppa?

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Ieri i giornali hanno dato un certo spazio ad una ricerca pubblicata dalla Banca d’Italia sulla distribuzione della ricchezza in Italia (qui potete leggere la ricerca), su cui a nostro parere si è creata la solita confusione che si genera intorno al tema dell’uguaglianza e dell’equità.
Innanzi tutto, è opportuno fare qualche precisazione sulla ricerca per chiarire qualche punto che è meglio avere chiaro:


  • La ricerca è pubblicata dalla Banca d’Italia, ma non è della Banca d’Italia: non che cambi la sostanza, ma è corretto evidenziare che questo genere di papers è ben specificato che “I lavori pubblicati riflettono esclusivamente le opinioni degli autori, senza impegnare la responsabilità delle Istituzioni di appartenenza”.
  • Il passaggio che ha avuto più evidenza “In Italia i 10 individui più ricchi posseggono una quantità di ricchezza che è
    all’incirca equivalente a quella dei 3 milioni di italiani più poveri
    ” non è una conclusione della ricerca ma un passaggio che cita una pubblicazione precedente, del 2006, quindi presentarlo come una conseguenza della crisi è fuori luogo.

Detto questo, è opportuno evidenziare come la ricchezza si presti ad essere distribuita in modo ineguale in modo molto più esasperato che il reddito. Per capire, facciamo un esempio. Innanzi tutto, una grande parte della ricchezza delle famiglie italiane è costituita dagli immobili.
Ora immaginiamo che la famiglia A abbia appena comprato una casa (diciamo del valore di 100.000 euro), e aperto un mutuo (diciamo di 80.000 euro). Per comodità immaginiamo che non abbia nient’altro. La ricchezza della famiglia sarà pertanto pari a 20.000 euro. Immaginiamo la famiglia B, che ha una casa esattamente identica, non ha nessun altro tipo di ricchezza, ma ha finito di pagare il mutuo. La ricchezza, in questo caso, è pari a 100.000 euro. Quindi ha una ricchezza 5 volte superiore alla famiglia A, per quanto in realtà sia sostanzialmente identica. Si può capire come si a facile arrivare ad estremi se si confrontano situazioni diverse.
Anche per questo motivo, non è così significativo parlare di confronto della ricchezza per classi di età, perché non è sorprendente che uno che è più avanti degli anni (e quindi, semplicemente, ha anche solo finito di pagare il mutuo) sia più ricco di uno più giovane.
Piuttosto, a nostro parere c’è un tema molto più interessante che emerge dallo studio, e cioè che la ricchezza è legata alla ricchezza ereditaria più che al reddito.

Le evidenze disponibili segnalano che – in media – il ruolo giocato dalle proprie scelte nel determinare  il proprio livello di ricchezza non è poi così elevato.

Si tratta di un dato molto più “grave” della concentrazione della ricchezza, a nostro parere, perché impedisce alle persone di migliorare la propria condiziona, creando una stratificazione anche sociale che tende ad irrigidirsi. Si finisce che è ricco solo chi è nato ricco, non chi è particolarmente bravo nel proprio lavoro: alla faccia della meritocrazia, viene da dire.
Il problema però, è che questa stratificazione è anche legata alla elevata uniformità del reddito che caratterizza l’Italia, in modo maggiore che gli altri Paesi, dove è difficile che qualcuno bravo a fare il proprio lavoro venga premiato economicamente (e in questo modo disincentivando anche il cercare di “essere bravi”, secondo qualcuno). Il punto è che equità ed uguaglianza sono due concetti diversi, che però vengono spesso confusi. Ed è curioso che non siano pochi, come avevamo evidenziato in passato, a sostenere che va aumentata la meritocrazia ma allo stesso tempo ritengano che vada anche aumentata l’uguaglianza dei redditi e della ricchezza.
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