Ci sembra interessante riportare una storia che ci ha segnalato un lettore, che riguarda un’azienda che si trova a rischio chiusura, “per colpa” delle banche e di Equitalia. Equitalia e le banche sono stati spesso messi sotto accusa da molti perché anziché venire incontro alle aziende in questo momento di crisi, andrebbero invece ad aggravarne la situazione difficile fino a renderla insostenibile.
Si tratta di una considerazione che però secondo noi merita dei distinguo, perché è ben diverso parlare di crediti negati a un soggetto che non sarà verosimilmente in grado di rimborsarli, un’altra è finanziare un soggetto che è in temporanea crisi di liquidità. La storia si un’azienda veneta però sembrerebbe evidenziare che anche in questa seconda tipologia di casi le banche tendano ad un eccesso di prudenza nell’erogazione dei prestiti. La premessa è che l’azienda sarebbe un’azienda di per sé relativamente sana, leader in un mercato di nicchia, e che avrebbe anche diversi ordini («Se domani mattina accendessi i macchinari ne avrei per lavorare fino a marzo» spiega la titolare). Ma molti clienti pagherebbero in ritardo, causando così grosse difficoltà di liquidità in azienda.
La crisi di liquidità avrebbe quindi impedito anche il saldo dei debiti con il fisco, con l’intervento di Equitalia per recuperare il debito.
Nel frattempo però qualcosa sembra non avere funzionato con le banche, dato che l’azienda si sarebbe vista rifiutare prestiti dalle banche anche a fronte di garanzie di beni personali dei titolari, per ripagare il debito.
Inevitabile allora l’intervento di Equitalia, che però anche questo non ha “funzionato a dovere”. Infatti Equitalia ha pignorato diversi macchinari: se da un lato è più che legittimo pretendere e far sì che i debiti siano riscossi, dall’altro è facile rendersi conto che senza macchinari un’azienda non può lavorare. Non solo: le attrezzature industriali sono spesso sì strumenti “costosi”, ma sono tanto di valore per chi ne necessita (considerate che spesso, specie per produzioni di nicchia, i macchinari vengono fortemente personalizzati sulle esigenze dell’impresa che li impiega), quanto lo sono poco per gli altri. In altre parole: vendere un macchinario costoso non garantisce un ricavato elevato, perché è difficile trovare acquirenti, ed il rischio è quello di venderlo poco più che “a peso”, o a qualcuno interessato al massimo a riciclarne i componenti. Ed in questo caso sembrerebbe essere andata proprio così: una volta messi all’asta i macchinari pignorati da Equitalia, per un valore stato stimato in circa 300 mila euro, il ricavato della vendita è stato di appena 30 mila.
Ma se è vero che le procedure adottate da parte delle banche e di Equitala non appaiono del tutto corrette, è forse semplicistico anche considerare l’impresa una pura vittima, dato che l’intervento di Equitalia non arriva “a sorpresa”, e quindi bisogna anche ammettere quantomeno delle ingenuità nella gestione che ha portato ad accumulare un tale debito con il fisco.
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