Dalle turbolenze sui mercati finanziari, legate alle preoccupazioni circa il debito sovrano, in primo luogo quello greco ma anche relativamente ad altri paesi (il taglio del rating da parte di Moody’s del titoli del Portogallo è significativo), ci si aspetterebbe come conseguenza un euro debole ed in sofferenza. Ma in realtà l’euro sembra mostrare una inaspettata solidità. Armando Carcaterra di Anima Sgr approfondisce il fenomeno.
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=2yTr5rOCxyY[/youtube]
Come si è comportato l’euro in questi mesi turbolenti?
Da mesi il problema del debito greco si ingigantisce e si moltiplicano ormai sulla stampa di tutto il mondo gli autorevoli commenti che danno per scontato il “default” del debito greco. L’idea che la Grecia possa uscire dalla moneta unica non è più un tabù ed i mercati incorporano ormai stabilmente negli spread di tasso anche il rischio di un contagio non solo alle piccole Irlanda e Portogallo, ma anche ad altri paesi più grandi.
Tuttavia, anche di fronte a questi scenari, l’euro è rimasto straordinariamente stabile in questi mesi turbolenti e, da gennaio, si è addirittura rafforzato (dell’8% circa). Questo comportamento del cambio non è normale.
A fine 2009, quando la crisi greca si è rivelata per la prima volta, l’euro si era rapidamente indebolito, passando nel giro di pochi mesi da 1,44 dollari a poco sopra 1,20 (con un deprezzamento di oltre il 16%).
Perché, adesso che la crisi greca sembra essersi molto aggravata, non sta succedendo la stessa cosa?
Applicando i canoni classici dell’analisi valutaria, l’apprezzamento dell’euro trova giustificazione nell’aumento dei tassi deciso dalla BCE ad aprile, a fronte dell’impegno della Fed a mantenere i tassi al minimo per un “esteso” periodo di tempo.
Peraltro anche le prospettive di crescita sembrano essersi riaggiustate a favore dell’Europa, nonostante le forti recessioni di Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda.
Non ultimo, tassi di interesse europei in crescita appaiono appropriati per l’economia tedesca (che cresce in modo prepotente), ma sono disastrosi per i paesi periferici d’Europa.
Cosa c’è dunque dietro la sorprendente stabilità dell’euro?
Paradossalmente, un euro forte con un’Europa in frantumi potrebbe essere spiegato proprio dall’aggravamento stesso della situazione europea. Se la Grecia “fallisce” ed è costretta ad uscire dalla moneta unica e tornare alla dracma, la prospettiva è che l’euro, sgravato della zavorra greca, si rivaluti drasticamente. Secondo questa interpretazione la forza dell’euro segnalerebbe infatti proprio che i mercati scontano già come una eventualità sempre più probabile che la Grecia esca dall’euro.
C’è tuttavia anche un’altra spiegazione che è molto più semplice e credibile e non sta in Europa, ma dall’altra parte dell’Atlantico.
Il prossimo agosto infatti è il debito pubblico americano – non quello Greco – che finirà sotto esame. La minaccia non sarebbe, tuttavia, di un’insolvenza finanziaria, ma di un’insolvenza meramente “tecnica”, in quanto la legge americana prevede che il Congresso approvi ogni anno il “tetto” massimo dei titoli che il Governo federale è autorizzato ad emettere sul mercato. Di solito questa procedura è una routine perché di anno in anno il “tetto” è stato sempre alzato. Questa volta però l’approvazione è diventata un’arma di scontro politico tra Repubblicani e Democratici e la conseguenza potrebbe essere la perdita del prestigioso rating di AAA.
A fronte di questa incertezza grandi paesi, come la Cina, hanno avviato da qualche tempo una progressiva diversificazione delle proprie immense riserve in dollari, trasformandone una parte in euro.
Tuttavia, se il 2 agosto prossimo il Congresso raggiungerà un accordo sul debito e gli Sati Uniti si daranno una strategia fiscale credibile, lo scenario potrebbe cambiare, questa volta a sfavore dell’euro.