Come probabilmente saprete, il Governo sta considerando di proporre iniziative per evitare che importanti aziende italiane finiscano in mani straniere.
A noi questo modo di intendere la tutela del “Made in Italy” ha sempre convinto molto poco. Ci sono in particolare due obiezioni che ci viene da fare:
- Lo sviluppo dell’economia di un Paese dipende in modo non trascurabile dalla capacità di attrarre investimenti. Anziché sviluppare questa capacità, che per l’Italia è carente, la tendenza è spesso quella di introdurre ulteriori ostacoli all’investimento.
- Più che la proprietà, sarebbe meglio tutelare (e sviluppare) le competenze. Per come la vediamo noi, non è la nazionalità del proprietario che fa la nazionalità dell’azienda. Sono molto più importanti, per quanto meno appariscenti, i legami con il territorio, le risorse e le competenze che impiega. È molto più grave, in prospettiva, il fatto che un’impresa italiana debba andare a fare Ricerca e Sviluppo all’estero (anche all’estero è un fatto positivo, solo all’estero no), che il fatto che la proprietà diventi “straniera”.
La questione, a nostro parere, è che si tende spesso a confondere l’impresa con l’imprenditore, che invece sono due soggetti nettamente distinti. Le imprese hanno la priorità sugli imprenditori.
Una ulteriore obiezione che viene inevitabile fare è relativa a quale sia l’alternativa. È chiaro che se non si vuole che un’impresa finisca in mani straniere, serve trovare “mani italiane” che la acquisiscano. E le mani italiane che possono permettersi acquisizioni importanti non sono poi molte, il che vuol dire che il risultato finale è quello di aggregare molte imprese nelle mani di relativamente pochi imprenditori. Creando gruppi spesso disomogenei, che quindi non è detto beneficino di economie di scala o di altro tipo. Nel peggiore dei casi, si potrebbero avere delle diseconomie di scopo perché l’attività del gruppo diventa dispersiva.
Ci possono essere molte buone ragioni per preferire una proprietà italiana, ma questo secondo noi vale solo a parità di tutte le altre condizioni, parità che nella maggior parte dei casi non c’è.
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