Ieri il vice direttore generale della Banca d’Italia, Ignazio Visco, è intervenuto ad un evento all’Università dell’Aquila in occasione del ventennale della Facoltà di Economia, parlando del problema della governance economica europea, un tema che abbiamo affrontato più volte in passato. A parere di molti è proprio la governance il punto critico maggiore per il rilancio dell’economia europea: il “motore” economico, soprattutto a livello complessivo, è potenzialmente potente, ma è la guida politico-economica che secondo molti è difficile, dato che non solo Stati diversi necessiterebbero forse di soluzioni diverse. Peraltro, anche all’interno dei singoli stati le priorità possono essere diverse in aree diverse.
Ad ogni modo, ci sembra interessante riportare qui alcuni passaggi dell’intervento di Visco che possono essere un utile spunto di riflessione.
L’attuale assetto istituzionale ha evidenziato quattro principali problemi, che hanno amplificato gli effetti sull’area dell’euro della crisi finanziaria globale:
a) Le regole di bilancio europee non hanno evitato che alcuni paesi adottassero politiche poco prudenti senza sfruttare adeguatamente le fasi favorevoli del ciclo economico per consolidare i conti pubblici. Molti paesi hanno affrontato la crisi con saldi di bilancio lontani dai rispettivi obiettivi di medio termine previsti dal Patto di stabilità e crescita e concordati in sede europea (per l’Italia l’obiettivo è il pareggio di bilancio, escludendo gli effetti del ciclo economico e delle misure di natura temporanea). In alcuni paesi, in cui il debito pubblico superava largamente la soglia di riferimento del 60 per cento del PIL, i progressi nella riduzione dell’incidenza del debito sono stati relativamente modesti. Con l’avvento della crisi i margini per gli interventi anticiclici sono risultati limitati e l’incidenza del debito pubblico sul prodotto è notevolmente aumentata. Si sono acuite, inoltre, le difficoltà legate al suo rifinanziamento.
b) La crisi ha mostrato come la disciplina di bilancio non sia sufficiente. Il sistema di sorveglianza multilaterale europeo non disponeva di strumenti incisivi per la prevenzione e la correzione di squilibri di tipo macroeconomico, che possono derivare dai conti con l’estero, dai differenziali di produttività e da eccessivi livelli di debito del settore privato. In alcuni paesi tali squilibri hanno aggravato gli effetti della recessione internazionale sull’attività economica, hanno accresciuto le perdite di gettito per il bilancio pubblico e hanno richiesto
interventi a sostegno degli intermediari finanziari. Le tensioni sui titoli pubblici hanno interessato anche paesi che prima della recessione non presentavano squilibri di finanza pubblica significativi e che, a seguito di interventi a sostegno dell’economia e del settore finanziario, adesso hanno elevati livelli di debito e disavanzo pubblici.
c) Non erano previsti meccanismi di intervento per le situazioni di grave crisi finanziaria di uno Stato membro. Questa carenza, emersa chiaramente in relazione alla crisi greca, ha determinato incertezza e ha accresciuto i costi e i tempi degli interventi. Oltre alla creazione di meccanismi temporanei per la gestione di queste crisi, si è reso altresì necessario un intervento, controverso, di acquisto di titoli pubblici da parte della BCE, volto a evitare eccessi nelle fluttuazioni dei prezzi di mercato.
d) Le fragilità del sistema finanziario, che sono all’origine della crisi, hanno favorito il diffondersi di un rischio di contagio fra sistema bancario e Stati membri in difficoltà e hanno minato la resilienza dell’intera area a shock esterni. È divenuta evidente la necessità di rafforzare la regolamentazione e la supervisione finanziaria, introducendo autorità preposte alla identificazione e prevenzione dei rischi sistemici.
[…]
Uno degli aspetti più rilevanti della proposta di riforma della governance europea è il rafforzamento del Patto di stabilità e crescita, sia nella dimensione preventiva sia in quella correttiva. Particolare attenzione è dedicata al debito e alla sostenibilità delle finanze pubbliche nel lungo periodo. […] Per rendere più vincolanti le prescrizioni del Patto, la Commissione prevede l’introduzione di sanzioni monetarie anche nella fase preventiva e un rafforzamento di quelle già esistenti nella fase correttiva. L’applicazione di queste sanzioni monetarie diventerebbe quasi automatica: esse verrebbero adottate a meno che una maggioranza qualificata del Consiglio esprima un voto contrario (reverse voting). Le sanzioni vengono oggi adottate solo se si esprime a favore una maggioranza qualificata del Consiglio.
[…]
Alcune voci di spesa, quali quelle per l’istruzione e per le infrastrutture, sono determinanti per lo sviluppo del paese; altre voci, quali quelle riguardanti la salute, sono difficilmente comprimibili anche alla luce delle pressioni dovute all’invecchiamento della popolazione (recuperi di efficienza potrebbero, tuttavia, essere volti a finanziare gli effetti conseguenti all’evoluzione demografica); altre ancora, come le pensioni, sono già state oggetto di ripetuti interventi correttivi. Nel complesso, queste poste rappresentano oltre il 70 per cento del totale della spesa primaria. In rapporto al PIL le altre spese non superano il 10 per cento. L’azione di contenimento della spesa richiede pertanto l’individuazione di priorità nell’allocazione delle risorse e interventi molto selettivi. A tal fine, sarebbe opportuno effettuare un’analisi approfondita di tutte le poste del bilancio pubblico attraverso processi di spending review, rafforzare gli indicatori dell’efficienza delle diverse strutture pubbliche (uffici, scuole, ospedali, tribunali) e sviluppare meccanismi che consentano di valutare l’adeguatezza dell’entità complessiva di ciascuna voce indipendentemente dalla spesa storica (zero-based budgeting).
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