Un titolo un po’ provocatorio, per affrontrare un tema interessante, e cioè le competenze del “management” (virgolettato non a caso) delle imprese italiane, soprattutto piccole e medie. E’ ampiamente assodato che uno dei limiti delle imprese italiane è dato dalla mancanza di un vero management, con le imprese che sono guidate spesso con un approccio padronale dove il “padrone” è prima di tutto un esperto della tecnologia e del prodotto che l’azienda utilizza. Un fatto per certi versi necessario per la nascita dell’impresa, ma non è detto che sia un elemento favorevole per la sua crescita. Soprattutto quando poi la tendenza è quella di circondarsi di altri tecnici.
Guidare un’azienda è una cosa ben diversa dal conoscere “la tecnica”. Il fatto che una persona sappia tutto delle materie plastiche, non vuol dire che sappia comprendere le esigenze del mercato, che sappia fare un piano di business efficace o che abbia buone capacità di “gestione” dei collaboratori. Elementi come il marketing (“vero”, strategia, non frainteso come “pubblicità”) o il controllo di gestione non sono un qualcosa in più di cui basta apprendere i rudimenti a tempo perso, e sono importanti lacune nelle PMI italiane.
La tendenza di molte aziende italiane è però quella di “intasare” i ruoli dirigenziali di “ingegneri”, molto più che in molti altri Paesi, di figure competenze prevalentemente tecniche, con il risultato che spesso questi tecnici si trovano a dover occuparsi (non troppo bene) di aspetti di gestione, e trascurare gli aspetti sui quali invece hanno competenze (la tecnica e la tecnologia), con il risultato che le imprese funzionano in modo un po’ meno efficiente.
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Secondo me molte aziende difettano nel ramo vendite e rappresentanze: lì servirebbero ingegneri in grado di illustrare il prodotto, proporre soluzioni tecniche adatte all’applicazione richiesta, migliorie e consigli per il cliente, etc.
Invece solitamente sono commerciali puri, buoni solo a parlare di prezzi e sconti.
Il reale problema, come affrontato in un mio post, sono non tanto gli ingegneri che occupano posti dirigenziali ma quanto la innumerevole confusione di ruoli che attanaglia il managment odierno. Spesso i matematici fanno informatica gli informatici marketing gli economisti si occupano di risorse umane e gli umanisti di si occupano di supervisione e gli ingegneri quando va bene fanno i commerciali. Non vi sembra che vi sia un po di confusione?
Credo che il punto sia proprio la confusione dei ruoli, come sottolinea Sebastiano. Un tecnico deve fare il tecnico, lo “stratega” deve fare lo “stratega”, e via così.
Aggiungo un’altra cosa, e cioè che il problema è anche il concetto distorto dei ruoli in azienda, e la mancanza di rispetto reciproco.
Ad esempio, un coordinatore di progetto non è “migliore” di un tecnico, e non deve sentirsi tale, mentre in realtà spesso capita che chi ha un po’ di responsabilità si trova a diventare arrogante e soprusivo. Quello del coordinatore di progetto è tra l’altro un esempio interessante, perché il punto è che deve saper coordinare, e non per forza “fare”. Di contro, saper “fare” non vuol dire saper coordinare, quindi dare un progetto in mano ad un bravo tecnico non vuol dire successo automatico.