La crisi della Grecia è sempre all’ordine del giorno, con i dubbi sull’effettiva erogazione dei 45 miliardi di Euro di aiuti da UE e Fondo Monetario Internazionale, anche sulla base delle “resistenze” della Germania. Vi sono diverse questioni in ballo, a partire dal fatto che 45 miliardi di Euro non risolverebbero comunque i problemi della Grecia (alcuni analisti evidenziano come tale somma possa al più concedere un anno di “respiro” – già si parla di necessità intorno ai 270 miliardi in tre anni).
Dal punto di vista “locale”, della politica economica della Grecia, il punto è che le politiche di tagli, necessarie per arginare i defici, inevitabilmente vanno ad impattare sulla crescita. Inoltre, le proteste della popolazione indicano chiaramente che non si tratta di azioni condivise, che quindi partono già con un grosso rischio di scarsa efficacia.
Dal punto di vista sistemico, la questione è se ci si possa permettere di aiutare la Grecia, soprattutto tenuto conto che i 45 miliardi non saranno sufficienti: non mancano gli analisti che fanno un parallelo con il salvataggio della CreditAnstalt nel 1931, che è costato il fallimento di diverse banche coinvolte. Fatto un parallelo con la situazione attuale, c’è chi teme che gli aiuti alla Grecia tolgano risorse ai “soccorritori”, che potrebbero trovarsi in difficoltà: è il timore del “contagio”, che adesso più di qualcuno inizia a considerare possibile.
Il default della Grecia — la ristrutturazione del debito — è un’ipotesi che molti analisti iniziano a considerare probabile, soprattutto perché la moneta unica non riduce la possibilità di un default ma anzi la aumenta, dato che non è possibile “manipolare” i cambi per diminuire il costo del debito.
Un aspetto che a nostro parere è stato sottovalutato è il fatto che l’andamento delle finanze dello Stato e l’andamento dell’economia, in un contesto di moneta unica, non sono necessariamente identici. Non è una contraddizione ipotizzare che se da un lato l’appartenenza all’Euro aumenta le probabilità di un default della Grecia, dall’altro può limitare i danni che questo potrebbe avere sul sistema economico della nazione, perché riduce le pressioni monetarie. Ricordiamo che in un caso come la crisi dell’Argentina, a rendere drammatica la crisi non fu tanto e soltanto il default, quanto il crollo della moneta, con i prezzi dei beni di importazione che schizzarono alle stelle, così come i costi dei debiti contratti oltre frontiera.
Certamente, queste settimane sono probabilmente le più importanti dell’Euro nella sua storia. Purtroppo, nel corso della crisi sono state più volte rese evidenti le carenze del coordinamento a livello di Unione Europea, che raramente ha saputo mostrare capacità decisionali rapide ed efficaci.
Banche e Risparmio [http://www.banknoise.com]
Se l’UE non aiutasse la Grecia e la lasciasse al suo destino, non si correrebbe il rischio di indebolire fortemente l’Euro per motivi di “mancanza di fiducia” ?
La Grecia sta diventando la zavorra dell’Europa, un buco nero che ci costerà miliardi di euro per farla sopravvivere artificialmente all’interno della zona Euro.
Questo limiterà la crescita dell’Europa e metterà a serio rischio anche Portogallo, Spagna e Irlanda (i PIGS).
Pensate alle arrampicate in roccia, ogni scalatore è legato a quello che lo precede in cordata.
L’ultimo scalatore esanime della cordata è la Grecia ed è a peso morto su tutti gli altri che iniziano ad arrancare.
Tagliare la corda e sacrificarne uno oppure rischiare di farne cadere quattro tutti insieme?
jack
Un paio di precisazioni: i “PIIGS” sono Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna, giusto per ricordare che la cosa ci riguarda molto più direttamente di quanto vorremmo (e forse anche perché l’Italia è tra i paesi che spinge di più per gli aiuti…).
Il punto di fondo è se la Grecia si possa aiutare o no: e questo dipende innanzi tutto dalla Grecia stessa, che deve implementare delle poliche che possano portare ad un risanamento. Se questo avviene, allora il salvataggio è possibile (non è un farla sopravvivere artificialmente, insomma). Ma se questo non avviene, allora gli aiuti rischiano di essere denaro gettato in un pozzo senza fondo, ed i costi (sia economici che sociali) potrebbero essere ben più elevati di quelli che si avrebbero per la “perdita di fiducia” in caso di mancato aiuto.
Sottolineo ancora che in questo contesto moneta e debito pubblico sono due cose che non coincidono: a mio parere, un default della grecia potrebbe essere molto meno drammatico che se avesse ancora la dracma. In quel caso la moneta si deprezzerebbe (anche per ridurre il costo del debito dello stato) e avrebbe effetti devastanti sull’economia (come è avvenuto in Argentina). L’euro protegge, in parte, l’economia greca da questo effetto, e le conseguenze del default saranno (in caso) solo quelle dell’indotto legato ai titoli che saranno “ristrutturati”.
Grazie per la precisazione Mark.
Desidero porre una domanda: in base a quali valutazioni è stato deciso di far entrare nell’Unione Europea un paese come la Romania ?
Ci sono presupposti affinchè PIIGS possa estendersi a PIIGSR (R = Romania) in tempi non molto lontani ?
La logica è quella della stretta correlazione dell’economia Rumena con quella degli stati UE. Personalmente io avrei utilizzato logiche diverse dal “più siamo e meglio è” che sembra trasparire, puntando prima ad un integrazione anche politica tra magari meno paesi.
I “PIIGS” sono i paesi dell’area Euro, ovviamente non sono gli unici a rischio nella UE: tutti i paesi dell’Est europa sono a rischio, anzi direi a molto maggiore rischio, dato che non hanno neppure la “protezione” dell’Euro, e quindi sono soggetti a una maggiore pressione sulla moneta.