L’intervista di Robert Mundell, premio Nobel per l’Economia del 1999, ha creato qualche polemica nel nostro Paese: infati secondo l’economista sarebbe l’Italia, più che la Grecia (o il Portogallo) il vero “pericolo” per l’area dell’Euro. Sono parole pesanti, soprattutto considerato che vengono dall’economista i cui studi, secondo molti, hanno posto le basi per la nascita dell’Euro, ma proprio per queste vanno analizzate in modo non superficiale.
Innanzi tutto, è importante premettere che Mundell non sta parlando di rischi “immediati”, quanto a medio-lungo termine. Ma andiamo con ordine.
Secondo Mundell, la crisi della Grecia non mette in pericolo l’intera area dell’Euro, o l’Euro in sè come moneta: il paragone è con un ipotetico default della California, che non significherebbe un default del Governo USA né una “dissoluzione” del dollaro. Ma questo anche perché i valori in gioco sono relativamente limitati e un default della Grecia potrebbe essere sostenibile per l’area dell’Euro. Per quanto vada ricordato che un eventuale default della Grecia sarebbe il più grande della storia, così come un salvataggio dei conti greci sarebbe il più grande salvataggio della storia: il debito pubblico della Grecia ammonta a circa 250 miliardi di dollari. Per confronto, nel caso del default dell’Argentina si parlava di valori intorno ai 60 miliardi di dollari.
In un ipotetico default dell’Italia, i valori in gioco sarebbero nettamente superiori, dato che in questo caso parleremmo di un debito intorno ai 1.800 miliardi di Euro, poco meno di 2.500 miliardi di dollari: come dieci Grecie assieme. Diventa quindi intuitivo che una situazione del genere sarebbe ben più difficilmente sostenibile.
Se nel caso dell’Italia non c’è un pericolo immediato, questo non vuol dire che non vadano prese precauzioni — ed è proprio questo il senso del discorso di Mundell — implementando politiche per il contenimento del debito pubblico (o per incentivare la crescita del PIL, anche se più improbabile) per evitare che la situazione sfugga di mano.
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