Economia e Finanza

Regolamentazione dei mercati finanziari in Europa: che prospettive?

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Vi segnalo un’intervento di Fabrizio Saccomanni, Direttore Generale della Banca d’Italia, presso la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione. Il testo completo dell’intervento è disponibile sul sito della Banca d’Italia. Si tratta di un’analisi molto interessante sulle problematiche della regolamentazione della finanza in Europa, e soprattutto sulle difficoltà che vi sono nel rapporto tra le autorità ed i grossi gruppi che operano in più paesi. L’analisi sulle difficoltà del sistema attuale è molto completa, e le cause vengono ricondotte ad una molteplicità di fattori (che nel nostro piccolo anche qui avevamo evidenziato):


  • Il “perimetro della regolamentazione“: una grossa responsabilità nella crisi va attribuita al cosiddetto shadow banking system, l’insieme degli operatori finanziari che non erano regolamentati (nell’illusione che ciò potesse portare innovazioni benefiche al sistema economico).
  • La dimensione “macroprudenziale”: l’analisi del rischio aggregato, a livello di sistema anziché di singolo operatore, si è dimostrata inadeguata, e le (poche) analisi realizzate hanno condotto solamente a pubblicazioni e non a modifiche di politiche.
  • L’aspetto dell’effetto leva, e dei conseguenti rischi che esso comporta: soprattutto, va migliorata la capacità di valutarlo e di valutarne gli effetti sul resto del mercato.
  • La trasparenza nella valutazione del rischio e nella valorizzazione degli strumenti finanziari: il sistema dei prezzi di mercato, delle valutazioni con metodi interni e di quelle effettuate dalle agenzie di rating si è dimostrato inadeguato.
  • La governance e il sistema di incentivi, che ha sempre favorito gli obiettivi a breve termine a scapito di quelli a medio-lungo.
  • La cooperazione tra le autorità di vigilanza a livello europeo, e di strumenti comuni per affrontare le situazioni critiche.

Purtroppo, va detto che come è lucida l’analisi delle cause, altrettanto lucida è l’analisi delle possibili soluzioni, che sono tutt’altro che facili. Il problema è dato infatti dalla capacità di cooperazione tra i diversi stati, che spesso sembrano interessati a cercare di massimizzare i vantaggi solo entro i propri confini, e dal fatto che i contesti legislativi sono differenti, anche sostanzialmente, per cui anche regole comuni finiscono con l’essere applicate in modo disomogeneo (per differenze nelle modalità di valutazione, controllo, ed intervento).

Le strade percorribili per risolvere il problema della regolamentazione internazionale potrebbero quindi essere molteplici, ma tutte hanno dei limiti:

  • evoluzione del coordinamento attuale, che però ha mostrato finora molti limiti;
  • trasformazione dei comitati di vigilanza in agenzie europee, che però pone il rischio di una politicizzazione delle stesse e quindi di una inadeguata indipendenza delle stesse nelle valutazioni;
  • creazione di ruoli di lead supervisor, con i quali la responsabilità della vigilanza viene affidata al “paese d’origine” della banca, ma si scontra con la capacità di intervenire in paesi esteri, e la volontà politica di curare gli interessi di tutti i paesi coinvolti, e non solo di quello “d’origine”;
  • creazione di un’autorità europea di vigilanza, cosa che perà richiederebbe una modifica al Trattato UE o almeno una decisione all’unanimità del Consiglio dell’Unione Europea, con le difficoltà politiche che questo comporta.

La soluzione come si vede non è facile, soprattutto per la difficoltà di trovare un accordo politico tra i vari Paesi dell’Unione: va comunque detto che il fatto che il dibattito in materia sia vivo è un buon segnale, dato che è comunque il segnale di una volontà di ricercare una soluzione e una premessa indispensabile per trovarne una.

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