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Le prove che le agenzie di rating hanno operato in conflitto di interessi

C’è un articolo molto interessante su Bloomberg, in cui un ex manager di Standard & Poor, la nota agenzia di rating, racconta di come siano avvenute diverse violazioni delle regole di buona condotta (per non dire altro).


Frank Raiter, questo il nome dell’ex-manager, specializzato proprio nella valutazione dei titoli basati sui mutui, racconta che nel 2001 un suo superiore è arrivato da lui chiedendogli di controfirmare una valutazione che non aveva mai fatto, allo scopo di facilitare l’acquisizione di alcuni contratti per S&P. Raiter racconta di essersi rifiutato di firmare questa valutazione, ma che comunque il rating fu alla fine emwsso. Per la verità non si tratterebbe di una valutazione “inventata” ma di un rating che riprende quello di un concorrente: resta il fatto che però S&P avrebbe dato una serie di rating che comunque non sono stati soggetti a valutazione.

Raiter comunque difende per certi versi la buona fede dei suoi superiori in S&P, che non si sarebbero resi conto dei rischi che stavano causando, convinti di aver trovato un modo per fare “soldi facili”, e comunque che il rischio si sarebbe distribuito in modo talmente ampio che “nessuno si sarebbe fatto male”. Il problema è che questo può essere vero se si tratta di un caso singolo. Se invece è una prassi diffusa, il sistema diventa a rischio.

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