Uno dei mali dell’economia e della società italiana è indubbiamente il precariato in cui vivono moltissimi lavoratori per lunghi periodi di tempo. Chiaramente, se le persone hanno dubbi sulla possibilità di auto-mantenersi in futuro, non sono in grado di effettuare spese a lungo termine (come una casa, ma anche un’automobile o un qualunque acquisto a rate). Non credo serva che mi dilunghi su ciò, dato che penso sia uno scenario che è a tutti noto, o direttamente o perché lo vive qualche parente o amico.
Solitamente, si lascia intendere che l’alternativa al “precariato” è il “posto fisso“, il “lavoro per la vita”. A mio parere però anche il “posto fisso” non è una condizione ottimale: non solo perché non è sostenibile per le aziende che hanno sempre maggiore bisogno di flessibilità, ma anche perché è sconveniente per i lavoratori.
L’alternativa ideale a cui bisogna puntare è, a mio parere, un mercato del lavoro più efficiente, in cui i lavoratori vengono aiutati ad avere competenze e conoscenze che hanno “valore” sul mercato (innanzi tutto attraverso iniziative di formazione continua), e in cui i tempi di ricerca del lavoro vengono ridotti rispetto a quelli attuali.
Pensateci: se so che il contratto con l’azienda in cui lavoro durerà 6 mesi o un anno, ma so anche che se non mi viene rinnovato posso trovare lavoro da un altra parte immediatamente, senza dovere aspettare mesi, allora posso comunque ragionare a lungo termine, in modo “non precario“. In altre parole: lavorare sempre non vuol dire lavorare sempre nello stesso posto.
Uno scenario del genere è, se ci si pensa, ancora più vantaggioso del posto fisso per i lavoratori, che in questo modo infatti i lavoratori aumentano di potere contrattuale e non sono più “ricattabili” dal datore di lavoro, che attualmente è quello che ha il coltello dalla parte del manico. Infatti, in un mercato del lavoro efficiente, i lavoratori potrebbero in ogni momento lasciare il lavoro per trovarne un altro: una minaccia più pesante di un qualsiasi sciopero. E inoltre: se un datore di lavoro offre condizioni “fuori mercato” (anche in termini di durata troppo breve del contratto…) non troverà nessuno da assumere e dovrà offrire condizioni migliori, mentre adesso spesso si ragiona “intanto accetto, poi quando trovo qualcosa di meglio cambio”.
Se ci si pensa il fatto che sia stata erosa nel tempo la gran parte della capacità di risparmio delle famiglie (che vuol dire: i prezzi sono cresciuti e gli stipendi no) è dovuto almeno in parte ai “posti fissi”: infatti molto spesso le “lotte” che vengono fatte sono orientate prima a mantenere il posto fisso (anche perché più di qualcuno è nella condizione “se perdo questo lavoro non so fare nient’altro”), e poi a migliorare le condizioni retributive e di lavoro.
È possibile arrivare allo scenario ideale del mercato del lavoro efficiente? Chiaramente ci sono diverse difficoltà, e serve del tempo, ma comunque dovrebbe essere l’obiettivo. Il primo passo è indubbiamente un maggiore investimento (e una maggiore visibilità per le iniziative già in corso) in formazione continua e aggiornamento professionale dei lavoratori. L’ostacolo maggiore è, a mio parere, politico: infatti lavoratori con maggiore potere contrattuale fanno paura un po’ a tutti, non solo alle imprese, ma anche a politici e probabilmente anche ai sindacati.
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Qui non si tiene conto di una cosa: i figli. Se una donna ha un contratto a termine e decide di avere un figlio, il contratto non le viene rinnovato e la famiglia rimane interamente a carico di un unico stipendio.
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