Economia e Finanza

Alitalia quest'anno è costata 30 Euro a ogni famiglia italiana

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Le perdite di Alitalia ammontano all’equivalente di 30 euro per ogni famiglia italiana. Un dato che andrebbe sottolineato maggiormente, dato che tutta questa storia delle privatizzazione sta diventando un teatrino tragicomico, che ben descrive i mali italiani di cui hanno scritto il Times e il New York Times. La continua commistione di interessi politici e personali continua a danneggiare le aziende e il paese. Non stupisce che sia stato così difficile trovare delle offerte di potenziali acquirenti.
Come credo abbiate letto un po’ ovunque, il problema attuale è il destino dello scalo di Malpensa: viene però da chiedersi come mai questo scalo tanto strategico secondo molti dovrebbe essere così penalizzato da una riduzione dell’attività di Alitalia. Se è tanto strategico ed importante, altre compagnie dovrebbero essere interessate ad accaparrarsi degli spazi, quando fossero disponibili. Se così non è, vuol dire che tanto strategico non è, e quindi un suo eventuale ridimensionamento non solo è inevitabile, ma opportuno.
C’è un concetto che si trascura spesso, nel nostro paese: ogni azienda, pubblica o privata, non può non operare secondo criteri di economicità (che non vuol dire puntare al profitto puro e semplice…), cioè considerando i vincoli e le opportunità economiche, perché altrimenti si trova facilmente a sopportare costi esponenziali, che nel caso di aziende pubbliche o para-pubbliche, alla fine vanno a pesare sulle tasche dei cittadini, anche se indirettamente. Ma dedicare risorse a sovvenzionare, risanare vuol dire togliere risorse da altri settori (come l’innovazione o la formazione), che non possiamo sempre meno permetterci di lasciare indietro.
Un altro aspetto sfacciatamente ridicolo delle discussioni, in questo caso attorno ad Alitalia, ma viene spesso a galla, è il discorso sulla tutela dell'”italianità” dell’azienda. Se si parlasse di mantenimento degli stabilimenti, dell’indotto, ecc., è un discorso che si può anche capire, e che effettivamente va tenuto in considerazione. Ma quando si parla della pura e semplice proprietà, permettetemi un po’ di cattiveria, suona più come una scusa perché chi ha già una poltrona se la tenga o al massimo la passi ad un amico. Quello che conta di una proprietà non è il passaporto, ma piuttosto il committment e il piano industriale – e su quello sì, si possono e devono andare a vedere gli effetti su lavoratori e indotto a livello nazionale. Ma anche qui, non con ottica clientelare ma valutando anche una prospettiva di sostenibilità.


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