LOS ANGELES – Le mucche inquinano più delle auto. Almeno in una remota parte della California meridionale, nella quale centinaia di migliaia di ruminanti fronteggiano un parco veicoli relativamente esiguo e comunque assai meno concentrato che nelle non distanti metropoli costiere. La constatazione è firmata dal Dipartimento di controllo dell’inquinamento della San Joaquin Valley, a Sud di Fresno, una zona che dà alloggio a 2,5 milioni di vacche, un quinto della popolazione bovina dello stato.
Frutto non troppo ambito della sintesi delle fibre contenute nel foraggio, i nove chili di emissioni organiche gassose prodotti, mediamente, in un anno, da una mucca da latte, contengono sostanze che reagiscono con altri agenti nocivi fino a produrre ozono e smog. Il recente boom dell’industria lattiero-casearia dell’area ha fatto il resto, fino a indurre lo storico “sorpasso” ai danni di auto e camion.
La sorprendente acquisizione dovrà quindi servire come base per la futura regolamentazione delle emissioni inquinanti, in una regione che l’Agenzia per la protezione dell’ambiente Usa indica, assieme alle città di Los Angeles e Houston, come le più inquinate del Paese, in base al numero di sforamenti del limite dell’ozono registrate negli ultimi sei anni.
Per riportare l’inquinamento ambientale ad un livello accettabile, l’industria lattiero-casearia verrà indotta a investire milioni di dollari in costose tecnologie di controllo dei propri scarti. Dovrà anche essere tenuta in considerazione l’ipotesi di modificare sostanzialmente la dieta del bestiame.
Ovviamente, tutto questo ha scatenato reazioni da parte dei produttori, che considerano “scientificamente malsana” la metodologia che ha portato l’autorità a conclusioni tanto drastiche. “Si suppone che la scienza debba guidare questo processo, non che si limiti ad usare la bacchetta magica”, ha detto un esponente del consorzio dei farmer, che mirano a bloccare la prossima normativa anti-inquinamento. “Non è possibile catturare emissioni che gli studiosi neanche riescono a investigare”.
La polemica sulla metodologia usata per monitorare l’impatto ambientale dell’industria alimentare attraverso le sue “macchine produttrici” ha coinvolto anche cinque membri del Congresso Usa e associazioni ambientaliste: se i primi hanno definito “assurdamente elevate” le colpe attribuite ai ruminanti, le seconde ritengono siano addirittura state sottostimate. Ma se una radio locale ha ironizzato su una neonata “scienza del peto”, molti sottolineano che c’è poco da scherzare, in una regione nella quale l’estate scorre da un allarme ozono al successivo, e dove un bambino su sei va a scuola con l’inalatore antiasma.
In effetti, è ormai assodato che il processo di secrezione alimentare dei ruminanti genera scarichi gassosi non benefici, ma la via da percorrere per ridurre le emissioni nocivi è tutt’altro che tracciata. Le soluzioni prospettate dall’autorità californiana spaziano dal monitoraggio del concime, alla rimozione frequente degli avanzi dai recinti sferzati dalla calura, all’uso massiccio di enzimi in grado di neutralizzare i rifiuti organici degli animali. Insomma, la mucca Zero Emission non è meno lontana dell’auto a idrogeno.
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