Se vi sentiste stressati, l’idea di andare in prigione forse non vi rilasserebbe. Eppure in Corea del Sud ci sono code di persone che vogliono provare questo insolito trattamento offerto da un centro di Hongcheon, a circa 70 Km a nord-est di Seul.
Il centro si chiama “La prigione dentro di me”, ed è idea di un ex-avvocato, Kwon Yong-seok, che spiega: “Non sapevo come fare a prendermi una pausa dal lavoro, al tempo, e mi sentivo come spinto contro la mia volontà, senza essere in grado di controllare la mia vita”.
A quel punto è quando ha deciso di provare a passare qualche tempo dietro le sbarre: ha chiesto ad un amico direttore di un carcere di fargli passare una settimana in prigione. La richiesta è stata rifiutata, ma Kwon ha deciso di prendere la situazione in mano e costruire la sua personale prigione per lui e tutti quelli che hanno bisogno di “staccare la spina” e combattere lo stress. L’idea ha avuto subito molto successo, tanto da consentire a Kwon di raccogliere da parenti e amici i 19 milioni di dollari necessari per la costruzione dell’edificio.
Ai clienti (che come prima cosa devono spegnere i cellulari), viene consegnata l’uniforme da indossare al momento dell’arrivo, e poi vengono portati in una delle piccole stanzette (meno di 6 metri quadri) dotate solo di un bagno, un lavandino e un piccolo tavolo. I pasti sono serviti tramite uno sportellino nella porta.
La permanenza degli ospiti è di soli due giorni: nell’idea originale di Kwon, il periodo di prigione avrebbe dovuto essere più lungo, ma la gente non era disposta a staccare per troppi giorni dal lavoro. Hanno anche dovuto introdurre una “pausa” giornaliera in cui i “prigionieri” possono consultare i loro telefoni: “La gente diventa nervosa senza telefono, e si preoccupa troppo di possibili emergenze, che non capitano quasi mai”.
Ad ogni modo, i clienti si dicono soddisfatti dell’esperienza, che dà loro modo di riflettere e prendersi una pausa e riflettere su sé stessi, che è appunto il punto centrale dell’esperienza: “Ogni tanto bisogna camminare all’indietro per vedere la strada che si è fatto. La gente lo fa raramente, e pensa solo alla strada di fronte a loro, ma bisogna anche guardarsi dietro”.