Ieri scrivevamo che informarsi non serve a niente, se non si scelgono fonti di informazioni valide. Un lettore ci ha segnalato un articolo di Rampini sul blog di Repubblica che è in parte collegato all’argomento.
Rampini parla di Paul Ryan (il “vice” che affianca Romney alla corsa alla Casa Bianca), definito “bugiardo seriale”:
Alla convention repubblicana di Tampa la più grossa che ha sparato, è stata l’accusa a Obama di non aver fatto nulla per proteggere i posti di lavoro della General Motors nel Wisconsin, dove uno stabilimento venne chiuso proprio nel collegio elettorale di Ryan. Già, ma la chiusura di quella fabbrica GM avvenne sotto l’Amministrazione Bush.
[…]
La cosa più preoccupante, notano molti commentatori americani, è che l’elettorato è sempre meno attento alla veridicità delle affermazioni fatte in campagna elettorale.
La questione è interessante, perché effettivamente sono sempre più le persone (di qualunque parte politica) a disinteressarsi sempre di più dei fatti, della veridicità delle affermazioni e della validità delle teorie, e la nostra impressione è che non si applichi solo alla campagna elettorale.
Che si parli di politica, economia o qualunque altra cosa, sono sempre di più le persone non solo che selezionano le fonti per avere informazioni che convalidino le proprie idee, ma che direttamente si “costruiscono” i dati e i fatti sulla base delle conclusioni a cui vogliono giungere.
Chiaramente questo rende molto difficile risolvere i problemi (di qualunque tipo). Primo perché non si capisce quale sia la natura del problema, secondo perché rende difficile il dialogo tra i vari interessati: mentre discutere della soluzione ad un problema che si analizza insieme (pur da punti di vista diversi) è possibile, è molto più difficile in una discussione in cui ci si “fossilizza” sulle idee ed i fatti sono solo degli optional strumentali per rafforzare la propria convinzione di avere ragione.
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