Uno studio economico ha analizzato le attese di inflazione negli USA e in Europa con un approccio interessante, e cioè andando ad esaminare il tasso di inflazione di pareggio, che è dato dal il confronto tra la curva dei tassi d’interesse nominali e la corrispondente curva dei tassi reali, e fornisce un indicatore delle aspettative di inflazione. Operativamente, il tasso viene calcolato confrontando obbligazioni che hanno rendimenti “nominali” e altre analoghe che hanno invece rendimenti indicizzati all’inflazione (quindi “reali”).
L’inflazione di pareggio incorpora inoltre un il premio per il rischio di inflazione richiesto dagli investitori per i titoli con rendimento nominale, dato che le attese per definizione non sono certezze, e più che un valore sono descritte da un intervallo di valori.
Il lavoro ha dunque esaminato l’andamento del tasso di inflazione di pareggio (più il premio di rischio) in Europa e negli USA, confrontando i risultati: ne emerge un’attesa dei mercati per un’inflazione negli USA più elevata che in Europa.
Nel periodo 2003-2010 le aspettative di inflazione sulla scadenza decennale e quelle tra i cinque e i dieci anni in avanti stimate dal modello sono stabili in entrambe le aree e si mantengono su valori prossimi al 2 per cento.
Il premio per il rischio di inflazione sulla scadenza decennale – approssimato dalla differenza tra l’inflazione di pareggio e la stima dell’inflazione attesa sull’orizzonte corrispondente – risulta pari a circa 40 punti base sia per i tassi in dollari sia per quelli in euro. Il premio sulla scadenza tra i cinque e i dieci anni in avanti risulta invece, in media, superiore per i tassi in dollari (65 punti base) che per quelli in euro (50 punti base).
Le stime mostrano inoltre che il premio per il rischio di inflazione sulla scadenza decennale, rimasto su valori contenuti tra l’inizio del 2005 e la fine del 2007, è risalito dalla seconda metà del 2008 sia per i tassi in dollari sia per quelli in euro; il premio sulla scadenza tra i cinque e i dieci anni in avanti è invece rimasto stabile per l’area dell’euro mentre è salito considerevolmente per gli Stati Uniti.
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