UniCredit Research ha presentato ieri il suo rapporto sull’economia che si prospetta per il 2012. È inutile negare che quello in corso è un anno che si prospetta difficile, con un rallentamento del PIL europeo (le attese sono che in Eurozona si assisterà a una flessione del tasso di crescita dall’1,6% allo 0,6%) e globale (PIL mondiale dal 4,25% del 2011 a poco più del 3% nel 2012). Ma le prospettive non sono del tutto negative.
Tuttavia è probabile che la traiettoria del PIL abbia toccato il punto di minimo a fine 2011, che dovrebbe essere seguito da un moderato miglioramento della performance nel corso del 2012. Ciò premesso, in tutto il mondo si affrontano notevoli incertezze dovute alla gravità della crisi 2008-2009, alla risposta senza precedenti dei policy makers e al perdurare degli squilibri nazionali e globali.
Nonostante nel caso di Italia, Portogallo e Grecia, gli economisti di UniCredit prevedono in totale una contrazione del PIL nel 2012, gli analisti si aspettano una stabilizzazione dell’economia europea durante l’inverno, che dovrebbe preludere ad un lento ritorno alla crescita nella seconda parte dell’anno. In questo senso, è incoraggiante il fatto che i bilanci del settore privato restano buoni nella maggior parte dei paesi dell’Eurozona (Italia compresa) e la ripresa delle esportazioni è già iniziata in tutta la “periferia” dell’Eurozona. Uno scenario di questo tipo favorirebbe anche la ripresa dei mercati, che potrebbe avviare un circolo virtuoso favorendo la disponibilità di risorse finanziarie per le imprese (anche tramite le banche che sarebbero meno sotto pressione).
Il fattore critico rimane però quello che ha caratterizzato gli ultimi mesi: la fiducia.
[…] affinché tali prospettive di un moderato miglioramento possano concretizzarsi, è fondamentale che gli investitori inizino a tranquillizzarsi. Nonostante gli aggiustamenti fiscali e strutturali senza precedenti in tutta la periferia dell’Eurozona, gli investitori rimangono cauti. Sono preoccupati per l’atteggiamento esitante della BCE rispetto al ripristino di un corretto meccanismo di trasmissione della politica monetaria, che ha determinato differenze insostenibili nelle condizioni monetarie all’interno dell’Eurozona. Inoltre, nutrono preoccupazioni per l’incertezza che circonda la possibile partecipazione del settore privato alle future rinegoziazioni del debito. Di conseguenza, quella che in ultima analisi è una crisi sovrana si è diffusa diventando una crisi del settore finanziario e in alcuni paesi inizia a minacciare il settore privato non finanziario e la coesione sociale.
Nel frattempo, le incertezze continuano a restare radicate negli squilibri globali sottostanti, che hanno svolto un ruolo importante nell’innescare la crisi del 2008. Tali squilibri vengono affrontati molto lentamente o non vengono affrontati affatto. Negli USA, dove nel 2011 la crescita è stata praticamente pari a quella dell’Eurozona, è probabile che i consumi privati, in parte sotto la spinta del corrente stimolo fiscale e della riduzione dell’inflazione, favoriscano in qualche modo un miglioramento della crescita nel 2012, ma il debito pubblico come percentuale sul PIL si sposta verso il 100% e i bilanci delle famiglie restano estremamente vulnerabili. Il tasso di risparmio statunitense resterà inferiore al 4% del reddito: un terzo rispetto a quello dell’Eurozona.
La Cina, che in termini numerici ha prodotto più di un terzo della crescita globale nel 2011, non ha ancora fatto significativi passi avanti nel proprio piano a lungo termine per favorire la domanda interna rispetto a quella estera. Di conseguenza l’economia cinese ha subito un rallentamento nel secondo semestre del 2011 a causa dell’indebolimento dei mercati dell’esportazione. Resta da vedere se le autorità saranno in grado di dare un’altra spinta alla crescita attraverso l’investimento pubblico in infrastrutture e nel settore immobiliare nonché attraverso imprese statali.
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