Economia e Finanza

La finanza e il "Millennium Bridge": la differenza tra rischio e incertezza

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Armando Carcaterra (Direttore Generale Anima), approfondisce un concetto molto interessante ed importante: la differenza tra rischio ed incertezza. Si tratta di una distinzione molto importante per affrontare un investimento, o in generale un problema. Si tratta della differenza tra quello che in inglese viene chiamato “known unknown” e “unknown unknown“.
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D1. Qual è la differenza tra rischio e incertezza?
La finanza moderna distingue il concetto di rischio da quello di incertezza. L’incertezza rappresenta lo stato d’animo di chi contempla tutte le traiettorie possibili e non sa quale delle infinite possibilità si realizzerà davvero. Il rischio è invece il tentativo di individuare, tra le traiettorie possibili, quelle che hanno maggiore probabilità di realizzarsi. L’incertezza è uno stato di natura, il rischio una costruzione umana.
Il rischio è cioè quantificabile sulla base di metodologie statistiche. Sulla base dell’analisi del passato la frequenza di certi eventi viene catturata da distribuzioni di probabilità, alla cui formulazione matematica sono attribuite caratteristiche generalizzabili. Fino a poco tempo fa, la misura del rischio era una specialità per pochi addetti ai lavori (i cosiddetti risk manager). Oggi sta diventando conoscenza diffusa anche tra i risparmiatori. L’informazione sui prodotti finanziari si è infatti arricchita di indicazioni sulla loro rischiosità, come ad esempio la volatilità, cioè la variabilità media dei prezzi di mercato o il VaR (Value-at-Risk o valore a rischio), cioè la misura delle perdite (o guadagni) potenziali a cui ci si espone investendo in quello strumento.
Tuttavia, siccome le misure di rischio sono approssimazioni probabilistiche della realtà, esse sono in grado di catturare aspetti ricorrenti in condizioni di mercato normali, non di abbracciare anche situazioni eccezionali.
Durante le crisi finanziarie il rischio ritorna ad essere incertezza: cioè ritorna ad essere uno stato della natura che la matematica fatica a modellare e il rischio diventa endogeno (cioè si autogenera).
D2. Come funziona il meccanismo di auto alimentazione?
L’esempio più illuminante per spiegare questo meccanismo di autoalimentazione del rischio durante le crisi finanziarie è quello del Millennium Bridge . Il Millennium Bridge è un ponte pedonale sul Tamigi a Londra, ad una sola campata di 325 metri, sospeso senza supporti, progettato e testato per resistere a qualunque sollecitazione. Tuttavia, il giorno dell’inaugurazione, quando il pubblico fu ammesso per la prima volta ad attraversarlo a piedi, il ponte cominciò a vibrare violentemente. Così violentemente da fare perdere l’equilibrio ai passanti che lo stavano attraversando. Il ponte fu immediatamente chiuso e fu poi riaperto solo quando la causa della vibrazione fu finalmente compresa.
Si scoprì che la causa della vibrazione non erano nè difetti di costruzione, nè l’eccesso di peso, ma il modo di camminare del pubblico che stava attraversando il ponte.
Un debole vento aveva provocato infatti impercettibili vibrazioni del ponte. E, inconsapevolmente, il passo di tutti coloro che stavano sul ponte aveva assunto una cadenza compensativa di quella piccola vibrazione iniziale. Poichè tutti i passanti tendevano ad uniformare il loro passo e ad assumere lo stesso ritmo compensativo, la piccola vibrazione iniziale ne risultava amplificata. Via via, più la vibrazione si ampliava, più tutti i pedoni accentuavano il loro movimento compensativo ed il moto sincrono dei pedoni aumentava di intensità, come in un circolo vizioso.
Le crisi finanziarie sistemiche tendono a funzionare nello stesso modo perverso. Lo shock iniziale su un mercato (di per sè isolatamente misurabile e sopportabile) tende a propagarsi ad altri mercati perchè tutti hanno contemporaneamente le medesime reazioni.
Come le vibrazioni del Millennium Bridge, anche il rischio finanziario non è un’entità autonoma e invariante, ma dipende -giorno dopo giorno- dai comportamenti di tutti noi.
 

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