Economia e Finanza

I rischi occulti degli ETF

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Gli esperti di Anima SGR tornano su un tema di estrema attualità finanziaria: la trasparenza degli ETF, di cui abbiamo parlato più volte recentemente. Gli ETF hanno avuto successo grazie alla loro semplicità, ma ora sono accusati di essere diventati troppo “sintetici”,  accusa a cui i gestori hanno ribattuto sostenendo che forse ci possono essere punti da regolamentare meglio, ma è sbagliato “criminalizzare” l’intero settore.
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D1. Quali sono i nuovi strumenti di investimento speculativi?

Da sempre il miraggio di mirabolanti guadagni è riuscito ad accecare moltitudini di investitori, trascinandoli in speculazioni avventurose. Oggi come ieri oro e argento, nel 1600 in Olanda addirittura i bulbi di tulipano. In epoca di bolle – si sa – le tentazioni sono forti.
Negli ultimi decenni l’innovazione finanziaria ha messo a disposizione non solo delle grandi banche d’affari, ma anche dei semplici risparmiatori, strumenti che consentono un facile accesso anche ai mercati più esotici o a prodotti con i quali investire in ogni tipo di materia prima.
Questi prodotti si stanno rapidamente diffondendo: si chiamano ETC, ETN oppure ETF sintetici e vengono spesso confusi con i normali e forse più noti ETF, con i quali condividono alcune proprietà, ma dai quali si differenziano soprattutto per i loro rischi occulti.
Gli ETF, sono una speciale categoria di fondi comuni che si limita a replicare indici di mercato azionario o obbligazionario. Gli ETF tradizionali hanno la caratteristica di essere fondi “passivi”, cioè di seguire esattamente, nel bene e nel male, i mercati di riferimento, senza alcun intervento discrezionale del gestore. Inoltre, a differenza dei fondi attivi, possono essere acquistati e venduti in ogni momento in borsa come se fossero semplici azioni (ETF vuole dire infatti Exchange Traded Fund, cioè fondo comune negoziato sui mercati regolamentati).
 
D2. Da qualche anno però gli ETF tradizionali hanno cominciato a cambiare e, come si dice, a diventare sempre più “sintetici”. Cosa vuole dire?
Mentre i vecchi ETF replicavano l’indice di riferimento investendo direttamente nei titoli sottostanti, gli ETF “sintetici” investono invece in derivati legati agli indici di mercato.
Questa modalità ha consentito di estendere lo strumento ETF anche a mercati prima inaccessibili come le materie prime. Sono nati così altri strumenti di investimento come gli ETC Exchange Traded Commodities, cioè strumenti che investono in materie prime.
Questo acronimo però non segnala solo che l’ETC investe in materie prime, segnala anche che esso, al contrario degli altri ETF che investono sui mercati finanziari, non è un fondo comune, ma una specie di titolo indicizzato emesso direttamente dalla banca d’affari.
L’ETC è nato perché la normativa sugli OICR non consente di investire in materie prime ed in più impone che i fondi comuni diversifichino il rischio. Gli ETC, invece possono utilizzare derivati a proprio piacimento e sottrarsi a qualunque vincolo di diversificazione dei rischi, legandosi solo all’oro, solo all’argento, al rame e così via.
 
D3. Quali sono i rischi nascosti in questi strumenti?

L’ETC investe esclusivamente in derivati: il suo valore è legato all’andamento del mercato di riferimento, ma i suoi guadagni e perdite vengono contabilizzati sulla base di contratti stipulati con una controparte (cioè una banca d’affari), non a fronte di un portafoglio “fisico” di materie prime. Se la controparte è insolvente o non onora il contratto, il valore dell’ETC evapora perché non possiede alcun sottostante da vendere. Di questo tipo di rischio, che viene denominato “rischio di controparte” il risparmiatore di solito non è però affatto consapevole. Il risparmiatore non è neppure consapevole di essere legato a filo doppio alla solvibilità di un’unica banca d’affari, quella che ha emesso l’ETC.
In epoca di bolle -si sa- le tentazioni sono forti. Ed anche i danni che esse fanno.

 

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