La “giustizia” è un tema molto dibattuto in Italia, anche se spesso in modo quantomeno distorto. Se da un lato è vero che ci sono inefficienze anche gravi, che hanno riflessi anche sul fronte economico — la minore “certezza del diritto” (conseguenza anche dei tempi lunghi con cui si può riuscire a far valere i propri diritti) è un fattore che scoraggia gli investitori — è vero anche che in Italia manca totalmente una “cultura della giustizia” da parte dei cittadini. In altre parole: gli italiani faticano a comprendere l’esistenza (e la ragione di esistere) di regole, e di regole per fare rispettare le regole.
Senza voler dilungarsi su comparazioni con il mondo del calcio (in cui è sempre colpa dell’arbitro, mai della squadra che ha giocato male…), questo post nasce dalle dichiarazioni di molti politici sulla bocciatura delle norme del cosiddetto “pacchetto sicurezza”, che prevedevano (citiamo Corriere.it) “l’obbligo per il giudice di disporre la sola custodia cautelare in carcere – e non anche misure alternative come ad esempio la detenzione domiciliare – quando sussistono gravi indizi di colpevolezza per il reato di omicidio volontario”.
La questione infatti è semplice, è cioè che fino a che uno non è condannato, è innocente (un principio che vale per chiunque), e tentare di compensare i lunghi tempi della giustizia italiana anticipando la pena rispetto alla dichiarazione di colpevolezza (che potrebbe anche non esserci) è semplicemente improponibile.
Il “vizio” di confondere le indagini con le condanne (o le assoluzioni con le amnistie) è un indicatore secondo noi preoccupante, perché se viene difficile immaginare di poter avere giustizia, se non si sa che cosa sia la giustizia…
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La (assenza di) cultura della giustizia in Italia
ha dichiarato illegittimo l’obbligo per il giudice di disporre la sola custodia cautelare in carcere – e non anche misure alternative come ad esempio la detenzione domiciliare – quando sussistono gravi indizi di colpevolezza per il reato di omicidio volontario