Nuovo appuntamento con l’editoriale di Anima SGR. Oggi Armando Carcaterra discute sul tema del prezzo dell’oro, che sta segnando continuamente nuovi record. Una situazione attribuita alle incertezze sull’economia in generale e sui conti degli Stati. Ma fino a che punto si tratta di cause concrete e quanto, invece, di bolla speculativa?
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D1. Il prezzo dell’oro continua ad aumentare. Si tratta di una nuova bolla?
Di settimana in settimana, le quotazioni dell’oro macinano nuovi record. A metà 2010, con il prezzo dell’oro a 1260 $/oncia si evocava l’ennesima bolla speculativa e molti ne prevedevano l’imminente scoppio. Rispetto ad allora il valore nominale del metallo giallo è oggi superiore di oltre il 16% e sembra proiettato a raggiungere la quota record di 1500 $/oncia.
Guardando indietro al recente passato, pare che l’oro rappresenti il balsamo capace di assorbire tutte le paure degli investitori.
Nel 2007, prima della crisi finanziaria, l’oro quotava attorno ai 700 $/oncia; poi, reagendo all’impennata di avversione al rischio scatenata dal fallimento di Lehman Brothers, è schizzata in alto del 60% (a 900 $/oncia) mentre tutto il resto crollava. Passato il grande shock, il valore dell’oro è comunque salito ancora a 1200 $/oncia e si è detto che questo rifletteva la paura della deflazione. Oggi, a oltre 1460 $/oncia, si dice invece che registri le aspettative di inflazione.
L’oro appare impermeabile alle stagioni ed alle teorie economiche. Ma sarebbe imprudente fidarsi troppo.
Sicuramente il mondo appare oggi a molti un luogo denso di pericoli e di incognite. Le tradizionali misure con cui la finanza aveva creduto di misurare e catturare probabilisticamente l’incertezza si sono dimostrate inadeguate ed il rischio (cioè l’incertezza statisticamente misurabile ovvero l'”ignoto-noto”) è tornata ad essere per molti “ignoto-ignoto”, imponderabile e, per questo, minaccioso.
Superato il collasso dei sistemi bancari, la crisi si è trasferita ai debiti pubblici e alla crescita delle economie. Alla recrudescenza della crisi debitoria dei paesi europei periferici (Grecia, Irlanda, Portogallo), si sono sovrapposti gli sconvolgimenti socio-politici in Medio-Oriente e la guerra in Libia, lo tsunami giapponese e l’emergenza nucleare di Fukushima. Abbastanza per giustificare la continua corsa al più classico dei beni rifugio.
D2. Ma quanto contano i fattori psicologici e quanto quelli economici sul prezzo dell’oro?
Il mercato dell’oro non è soltanto il mercato dell’incertezza, è mosso non solo da sentimenti ed emozioni, ma anche da agenti razionali ed interessi concreti.
Ad esempio, la domanda di oro fisico per gioielleria (o applicazioni analoghe) rappresenta ancora la quota prevalente della domanda mondiale di oro: un buon 60%.
Una seconda importante componente di domanda è quella delle banche centrali, che nell’ultimo decennio hanno venduto parte delle loro riserve. Tra il 2000 ed il 2007 BCE e FMI hanno venduto sul mercato ogni anno circa l’1,7% delle proprie enormi riserve auree (circa 30mila tonnellate). Abbastanza per mantenere il prezzo dell’oro sotto i 700$/oncia. Se le banche centrali dovessero riattivare le proprie vendite in analoga misura, il prezzo dell’oro ne risentirebbe.
Infine, l’innovazione finanziaria (e soprattutto la diffusione di ETF e certificati che investono in oro) ha dato accesso all’investimento in oro anche ad investitori sensibili al livello dei tassi di interesse. Un ciclo crescente di tassi di interesse aumenterebbe, da una parte, il costo opportunità di detenere oro a fronte di attività alternative che pagano cedole o dividendi; e, dall’altra, riassorbirebbe l’incentivo a speculare sull’oro indebitandosi a costi prossimi a zero.
Come disse una volta un famoso economista, è pericoloso investire in qualcosa “il cui valore crescente dipende soltanto da un insieme di credenze che si autoalimentano”.
E sembra sempre più avvicinarsi il momento in cui paure e credenze perderanno la loro suggestione.