Il vice Direttore Generale della Banca d’Italia, Anna Maria Tarantola è intervenuta con una lezione al Master in Diritto Amministrativo e Scienze dell’Amministrazione presso l’Università degli Studi Roma tre, intitolata “La vigilanza europea: assetti, implicazioni, problemi aperti”. E’ interessante riprendere qualche passaggio dell’intervento, proprio per quanto riguarda quelli che sono i problemi aperti, e per il “problema zero” che qui viene sottolineato ma spesso invece è dato per scontato: il “quadro concettuale” non è così chiaro. Il rischio sistemico non è facilmente identificabile a priori, e quindi è difficile intervenire in anticipo.
[…] è fondamentale che le priorità di lavoro siano individuate con chiarezza in questi primi mesi di operatività, in modo che i nuovi organismi siano in grado di entrare rapidamente a regime e fornire il loro contributo al rafforzamento del sistema di governance e regolazione del sistema finanziario europeo.
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La definizione del quadro concettuale e degli strumenti operativi da parte dell’ESRB.
Il compito assegnato all’ESRB è estremamente complesso e per molti versi il terreno in cui si dovrà muovere è nuovo e inesplorato. Il suo mandato – contribuire al mantenimento della stabilità finanziaria contenendo il “rischio sistemico” – è particolarmente ampio. Il concetto stesso di “rischio sistemico” non è facile da definire e da misurare con precisione. Questo perché esso ha varie “dimensioni”, tra cui ad esempio la prociclicità del sistema finanziario, i rischi di network e contagio, i rischi di correlazione e di concentrazione dovuti alla presenza di uno o pochi operatori dominanti in mercati o attività chiave. Ancor meno facile è identificare “ex-ante” il rischio sistemico: la recente crisi ha evidenziato numerosi esempi di fattori scatenanti che hanno avuto implicazioni sistemiche ma i cui rischi non erano stati percepiti come tali in precedenza (si pensi al mercato dei mutui in aree molto sviluppate del mondo o alla crisi del debito sovrano in Europa). […]
L’ESRB dovrà dunque agire soprattutto per il tramite di altre autorità. L’efficacia della sua azione dipenderà soprattutto dall’autorevolezza, rigore e indipendenza delle analisi che saprà condurre e dalla capacità di influenzare le politiche macroprudenziali adottate a livello europeo e nazionale.
La realizzazione del single rulebook europeo
Nel campo della vigilanza microprudenziale particolare importanza riveste la definizione del single rulebook europeo, vale a dire dell’insieme di regole pienamente armonizzate e delle prassi di vigilanza che dovranno essere applicate in modo uniforme da tutte le autorità di vigilanza dei paesi dell’Unione. Durante la crisi sono emerse in tutta evidenza le differenze che ancora connotano le regole prudenziali e i modelli di vigilanza e come tali differenze abbiano impedito una vera convergenza e ostacolato il coordinamento e lo scambio di informazioni tra autorità. […]
In primo luogo, la porzione delle regole definite a livello UE e direttamente applicabili agli intermediari europei deve essere la più ampia possibile e deve coprire tutti i principali strumenti di vigilanza; nel settore bancario, dovrebbe riguardare la definizione del capitale, i requisiti patrimoniali e di liquidità, le segnalazioni prudenziali, le regole per la concentrazione del rischio, la disciplina per l’applicazione del secondo pilastro, il regime per la disclosure al pubblico. […]
Il rafforzamento della vigilanza sulle istituzioni cross-border
La vigilanza sui gruppi con ramificazioni in più paesi è particolarmente complessa, per vari motivi: non esiste una norma comunitaria sui gruppi, e in caso di crisi il costo è sostenuto dai singoli paesi “home”, in assenza di meccanismi in grado di garantire soluzioni condivise. Per questo è essenziale assicurare il buon funzionamento dei collegi che rappresentano il luogo dove interagiscono tutte le principali autorità che svolgono la vigilanza sulle singole componenti del gruppo. Uno dei principali compiti dell’EBA riguarda proprio il rafforzamento della supervisione sui gruppi bancari cross-border, attraverso lo sviluppo di metodologie comuni per la valutazione congiunta dei rischi e l’applicazione coerente di queste metodiche da parte dei supervisori che partecipano ai collegi sui gruppi. A tal fine è indispensabile che l’EBA individui un insieme di indicatori in grado di catturare in maniera tempestiva il profilo di rischio del gruppo nel suo complesso e delle sue singole componenti. […]
La definizione di un quadro comune per la gestione delle crisi bancarie
La nuova architettura istituzionale dovrà essere completata con la creazione di meccanismi comuni di gestione delle crisi bancarie, in assenza dei quali, come emerso durante la crisi, il rischio del prevalere di ottiche puramente nazionali e poco efficienti è assolutamente concreto. […] Le proposte prevedono: strumenti comuni per prevenire, gestire e risolvere le crisi; meccanismi di cooperazione rafforzati tra le diverse autorità coinvolte nella risoluzione delle crisi; strumenti per assicurare che il settore privato contribuisca in modo equo ai costi delle crisi; la costituzione di fondi nazionali per la risoluzione delle crisi (resolution funds) finanziati dallo stesso settore finanziario, tramite prelievi sugli intermediari commisurati al rischio che essi pongono per il sistema. […]
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