Torniamo a dare spazio agli editoriali di Anima SGR, questa volta Gianluca Ferretti, responsabile investimenti obbligazionario di Anima Sgr, discute sui potenziali effetti di un incremento dell’inflazione sui mercati azionari e obbligazionari.
Quali impatti sui mercati se ritorna l’inflazione?
Da alcune settimane si fanno insistenti le voci che parlano di un ritorno dell’inflazione. Gianluca Ferretti, Anima Sgr, analizza le possibili conseguenze sui mercati azionari e obbligazionari.
D1. Da alcune settimane si è tornati a parlare di inflazione. Quanto c’è da preoccuparsi?
La crescita dell’inflazione è principalmente legata al rincaro delle materie prime e, in particolare, del petrolio, causato dalle tensioni politiche dei Paesi del Nord Africa e di alcuni Stati del Medio Oriente. Alcuni studi stimano che un aumento stabile di 10 dollari del prezzo del petrolio possa comportare un rallentamento della crescita del Pil mondiale di circa lo 0,20% all’anno, per 2 anni. L’impatto sui prezzi al consumo sarà verosimilmente più significativo nei paesi emergenti.
Nelle due principali aree economiche, quella americana e quella europea, la risposta delle Banche Centrali all’aumento delle tensioni inflazionistiche rischia di essere diversa, così come era già accaduto nel luglio 2008, quando la Bce alzò i tassi ufficiali, mentre la Federal Reserve aveva già portato i tassi al 2% dal 5,25%. L’obiettivo della Banca Centrale Europea rimane la stabilità dell’inflazione e quindi potrebbe agire sui tassi anche solo per contrastare un rialzo inflazionistico generato dai prezzi delle materie prime, quindi da una variabile esogena.
La Fed, invece, preoccupata anche da un possibile rallentamento della crescita, potrebbe continuare nella sua politica monetaria ultra-espansiva.
Come può incidere il ritorno dell’inflazione sui mercati azionari e obbligazionari?
Sui mercati obbligazionari un rialzo dell’inflazione provoca in genere un aumento dei tassi principalmente sulla parte lunga della curva dei rendimenti, a mano a mano che i mercati iniziano a incorporare un premio legato al “rischio inflazione”. La salita dei rendimenti di conseguenza fa scendere il prezzo delle obbligazioni (a tasso fisso), a parità di altre condizioni.
Risultano pertanto favoriti gli investimenti sulla parte breve della curva, quelli a tasso variabile e quelli indicizzati all’andamento del tasso d’inflazione. Anche per questo motivo, nei portafogli dei nostri fondi abbiamo in genere aumentato l’investimento sui titoli indicizzati ai tassi a breve e stiamo valutando un incremento dell’esposizione su quelli indicizzati all’inflazione.
In ambito azionario, invece, uno scenario moderatamente inflazionistico può rivelarsi positivo, in quanto le azioni, come più in generale tutti i beni reali, case, terreni, materie prime, preziosi e via dicendo, tendono a mantenere il loro valore in termini reali e quindi a salire in termini nominali.
Questo è quello che ci dicono i libri di testo. La realtà è molto più complessa e noi, come gestori, quotidianamente interveniamo sui portafogli dei fondi e siamo pronti ad approfittare, nello scenario odierno, dei picchi di salita dei rendimenti di titoli di stato e obbligazioni per comprare a prezzi più convenienti.
In termini un po’ più tecnici, pensiamo che i rendimenti offerti dai titoli di stato non giustifichino ancora una duration lunga. Siamo però orientati ad aumentare la duration media dei nostri portafogli, che fino ad oggi abbiamo mantenuto molto breve e inferiore al benchmark e la salita dei rendimenti potrebbe fornirci l’occasione.