Un Working Paper della Banca d’Italia (The effects of privatization and consolidation on bank productivity: comparative evidence from Italy and Germany) analizza gli effetti delle privatizzazioni sul settore bancario: un tema che torna di attualità date le discussioni attorno al ruolo dello Stato nel settore bancario, tornato al centro dell’attenzione con gli interventi anti-crisi e al ruolo che dovrà avere in futuro. Lo studio confronta gli effetti che le privatizzazioni hanno avuto in Italia e Germania tra il 1990 e il 2004.
Per quanto inizialmente i settori bancari dei due Paesi presentassero grosse similitudini, in Italia la privatizzazione è stata più forte che in Germania: le 93 banche di proprietà pubblica presenti nel nostro Paese nel 1990 (che detenevano il 59,6% degli asset totali) sono state tutte privatizzate. In Germania, invece il numero è sceso da 784 a 489 banche pubbliche, e la percentuale di asset detenuti da questa categoria di banche è scesa solamente dal 34,79% al 31,99%.
La produttività delle banche italiane, nel periodo, è salita molto più di quella delle banche tedesche (3,2% all’anno contro 1,2%), ma va detto che questa differenza trova giustificazione anche nel fatto che le banche italiane partivano da un livello di produttività decisamente più basso.
Il paper ipotizza piuttosto che l’aumento di produttività nel settore bancario di entrambi i Paesi sia dovuto al consolidamento del settore stesso, tramite fusioni ed acquisizioni, che avrebbero permesso quindi un aumento delle economie di scala delle banche coinvolte: infatti sarebbero non tanto le banche privatizzate, quanto piuttosto le banche privatizzate e coinvolte in operazioni di fusione/acquisizione a mostrare il maggiore aumento di produttività.
Un punto molto interessante è che il paper evidenzia anche come sia difficile generalizzare gli effetti della “proprietà pubblica”. In Italia la proprietà da parte dello Stato Italia era associata con una penalizzazione degli interessi anche a lungo termine della banca per favorirne altri (interessi pubblici — nel migliore dei casi, aggiungiamo noi), e con uno scarso sforzo del management per tenere i conti sotto controllo. Al contrario, però, in Germania queste problematiche non appaiono sostenute dai dati. Sembrerebbe insomma che non sia tanto l’essere “pubblico” o “privato” che fa la differenza, quanto piuttosto il fatto di essere gestito “bene” o “male”, cosa che può avvenire con entrambi i modelli di proprietà.
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