Le previsioni sono uno degli aspetti più discussi in ambito economico, e sull’argomento abbiamo scritto più volte. Infatti, molti cercano “certezze” per il futuro, e non mancano gli analisti che si presentano per dare queste certezze, salvo essere poi clamorosamente smentiti.
L’occasione di tornare sul tema però è la polemica interna alla Banca d’Italia con il vicedirettore Ignazio Visco che (dopo aver ammesso i limiti previsionali degli economisti) ha indicato una possibile contrazione del PIL del 2,6% per il 2009, poi smentito dalla Banca d’Italia stessa che ha dichiarato che questa stima si basa su una trasposizione di dati, e non su una previsione.
Abbandono quindi anche il tema specificio del PIL per concentrarmi proprio sulla confusione tra trasposizione di dati e previsioni, un fattore che a mio parere ha avuto un ruolo fondamentale anche nel generare la crisi economica attuale.
Capita spesso infatti che “previsioni” per il futuro vengano fatte prendendo trend (spesso anche di breve periodo) e semplicemente “prolungandoli” nel tempo. Un metodo che se può essere utile per avere un dato grezzo su cui iniziare a lavorare, non può certo essere considerata una “previsione”. Questo modo di ragionarare ricorda piuttosto quei meteorologi che dopo un paio di giorni di pioggia (o di sole) a inizio giugno si affannano per annunciare l’arrivio imminente dell’estate più piovosa (o afosa) della storia.
Come accennavo, le previsioni “trasposte” hanno avuto anche un ruolo nella crisi attuale, infatti previsioni fatte in questo modo lasciano pensare che i trend continuino all’infinito, e molti negli anni che hanno preceduto la crisi si erano auto-convinti che la crescita basata “sull’immobiliare” potesse durare all’infinito, in contrasto con quello che anche il solo buon senso avrebbe dovuto dire, e cioé che una volta che i prezzi delle case avessero raggiunto valori troppo alti, le cose sarebbero cambiate.
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