Ho sentito diversa gente lamentarsi delle “truffe” della finanza, del fatto che le banche manipolerebbero gli indici (e i tassi di interesse) a loro profitto, e via così.
Ora, queste affermazioni hanno un fondo di verità, però non sono a mio parere il punto su cui è opportuno concentrarsi (chiaramente, poi, dipende da come si definisce “truffa”). Il motivo è molto semplice: la quasi totalità della situaizione economica attuale è perfettamente spiegabile senza dover tener conto di alcuna truffa (attenzione, questo non vuol dire che non ce ne siano state!).
Il rischio, altrimenti, è quello di perdere di vista gli aspetti “sistemici” su cui è invece indispensabile intervenire, per risanare il sistema finanziario. Ad esempio l’aspetto dell’efficacia dei controlli, poiché quelli attuali non sono riusciti né a prevenire la crisi né le truffe (si pensi allo scandalo Madoff, in cui è emerso che la SEC aveva ricevuto segnalazioni già nel 2005).
La mia sensazione è che le affermazioni del tipo “è tutto una truffa” servono spesso per auto-giustificarsi del fatto che non si conosce il problema, e darsi una ragione del fatto che non si conosce la materia: un problema non da poco dato che, piaccia o meno, i propri interessi bisogna farseli da soli, e non si può sperare che vengano soddisfatti “in automatico”.
Inoltre, se si fa di tutta l’erba un fascio, non si fa una selezione dei “buoni” dai “cattivi”. Si crea una situazione di “moral hazard“, perché se non vengono premiati i “buoni” e penalizzati i “cattivi” (ad esempio, anche solo dal punto di vista della trasparenza), non viene creata una pressione da parte del mercato affinché tutti diventino “buoni”. Certo, si può chiedere leggi e regolamenti: ma se le leggi impongono cose che il mercato non chiede, finiscono con l’essere ignorate o aggirate, o a diventare mere formalità burocratiche, senza alcuna efficacia.
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