Come saprete, negli ultimi mesi negli Stati Uniti sono state arrestati diversi operatori finanziari per frode: in particolare dal 1 marzo 2008 sono state incriminate 406 persone e arrestate 287 (tra cui anche due ex manager di Bear Stearns), e 173 di queste sono già state condannate. L’accusa consiste fondamentalmente nell’aver venduto titoli-spazzatura ingannando gli acquirenti e gli investitori.
Ovviamente è un fatto positivo, anche se credo che vada fatto un distinguo. Se è indubbio che debba essere punito chi ha falsificato informazioni o ne ha omesso di rilevanti (che è quello di cui sono accusati gli indagati), abbiamo una “zona grigia” nel caso invece si parli di prospettare rendimenti o ventilare possibili profitti (soprattutto se la controparte non è inesperta), dato che dovrebbe essere perfettamente consapevole che nessuno può essere in grado di promettere rendimenti in investimenti “a rischio”. Inoltre, come ho avuto modo di sottolineare in passato, personalmente non trovo sorprendente che un venditore esalti i pregi del proprio prodotto (finanziario, in questo caso) e non ponga enfasi sui difetti.
Ma perché facciamo questa distinzione, tanto più se gli arrestati sono accusati di “falso” e non di semplice “abbellimento del proprio prodotto”? Presto detto. L’impressione è che ci sia un certo desiderio ad accollare la colpa della crisi finanziaria a un numero (più o meno grande) di operatori che si sarebbero comportati illegalmente, chiudendo gli occhi sul fatto che la crisi in realtà è nata dalla complessità (e dalla conseguente non-trasparenza) raggiunta dalla finanza, soprattutto in alcuni settori, ed evitare così degli interventi significativi sulle regole dei mercati e sul loro funzionamento.
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