Si continua a parlare molto di portare la tassazione delle rendite finanziarie al 20%: uno degli aspetti che mi lasciano estremamente perplesso è come spesso si parli dell’argomento in modo molto superficiale, con delle prese di posizione che mi sembrano prese più per preconcetti che per cognizione di causa. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza sull’argomento, in modo da capirne un po’ di più:
- Innanzi tutto, una rendita, nel vocabolario di italiano, è un provento che deriva dal semplice possesso di una risorsa produttiva, quindi né da lavoro né da attività imprenditoriali, oppure un contratto che comporta la corresponsione periodica di una somma di denaro o di una determinata quantità di cose fungibili. Quindi, in senso stretto, un investimento in borsa non è una rendita, perché non è detto che si abbia un provento, ma si può benissimo avere una perdita. Del resto, il senso della tassazione al 12,5% degli investimenti aveva anche il senso – anche se non l’unico – di incentivare l’avvicinarsi degli investitori ad investimenti a maggior rischio, in modo da contribuire a fornire capitali alle aziende perché queste potessero investire, crescere e creare occupazione.
- Da come parlano molti esponenti della classe politica, sembra che quelli che investono in BOT, in azioni o obbligazioni siano tutti dei ricconi che vivono in castelli e sorseggiano champagne, ma in realtà vi è una fetta non trascurabile di piccoli risparmiatori, che dovrebbero invece essere tutelati al massimo, e piuttosto istruiti in modo da fargli comprendere meglio i meccanismi economici e finanziari e possano da un lato, evitare scottature finendo in meccanismi che non comprendono, dall’altro possano avvicinarsi a meccanismi più sofisticati di cui possono beneficiare sia loro che le imprese che indirettamente sono finanziate.
- Si continua a fare un calderone unico di interessi, dividendi e plusvalenze, che sono cose diverse, e infatti in Europa vengono tassate in modo diverso. Giusto per dare un po’ di glossario:
- Gli interessi sono la somma dovuta come compenso per ottenere la disponibilità di un capitale per un certo periodo. Oppure, simmetricamente per chi deposita, può essere interpretato come la retribuzione a fronte della rinuncia a disporre di una somma di denaro.
- I dividendi sono quella parte di utile che viene distribuito da una società ai suoi azionisti.
- Le plusvalenze sono l’aumento di valore, entro un determinato intervallo di tempo, di beni o altro (in un contesto finanziaro, di titoli).
Insomma, la tassazione al 20% per diversi punti può essere anzi più corretta di quella attuale, ma il tema, finora, mi sembra sia stato affrontato in modo superficiale.
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