Prendendo spunto dall’inchiesta su Letizia Moratti a Milano, caso che non conosco, volevo fare qualche osservazione su come viene gestita la spesa pubblica. E forse non sono le osservazioni che vi aspettate.
A me personalmente, lascia molto perplesso tutto il discorso di tagli e contenimento delle spese: un ente non deve avere più di tot consulenti, deve tagliare le trasferte e rispetto all’anno precedente, e via così.
Ora, si tratta secondo me di iniziative totalmente e assolutamente demagogiche. Per un motivo molto semplice: preoccuparsi dell’efficienza (cioè dei costi) senza curarsi minimamente dell’efficacia è una cosa semplicemente autolesionista. Per cui vediamo il problema in modo un po’ diverso: a cosa servono queste spese? Hanno tornato qualcosa di utile o meno?
Ad esempio, pagare un consulente 10.000 euro per una giornata di lavoro è tanto o poco? Dipende da cosa fa il consulente: se non fa niente, sono soldi buttati via, ma lo erano anche se erano 10 Euro. Se invece fa un qualcosa che rende o fa risparmiare alla collettività 100.000 euro, sono soldi più che ben spesi (preciso, tanto per evitare equivoci, che non mi sto riferendo allo specifico “caso Letizia Moratti” che, ripeto, è solo uno spunto).
Ed è per questa attenzione, quasi fobica, alla minore spesa possibile che non è raro che appalti assegnati siano poi estremamente scadenti, con la vittoria che va a ditte che magari non pagano neppure i dipendenti.
Quella dei contenimento dei costi delle trasferte è a mio parere, la più comica: ma chi va in trasferta vanno in gita? Se sì, non vanno tagliate del 10%, ma tagliate del tutto (magari assieme ai “gitanti”), oppure questi vanno in trasferta per qualche motivo “vero”, quindi di fatto tagliare le trasferte significa impedire che l’ente raggiunga i risultati che si prefiggeva.
Questa mentalità di trasferta=gita, secondo una leggenda urbana, sarebbe alla base di una presunta derisione dell’Italia da parte degli altri paesi Europei. Infatti, la leggenda racconta che quando sono stati introdotti i finanziamenti Europei, sono stati fatti anche molteplici corsi a Bruxelles per spiegare ai vari Stati come funzionavano e come farli fruttare: secondo la leggenda, mentre paesi come la Spagna e l’Irlanda avrebbero mandato giovani che poi hanno diffuso questa conoscenza in patria (ed infatti, questi paesi hanno saputo sfruttare al massimo le opportunità disponibili), l’Italia avrebbe mandato in vacanza-premio del personale prossimo alla pensione, con il risultato che l’Italia, almeno fino a poco tempo fa, era uno dei paesi che riusciva a sfruttare meno i finanziamenti europei.
Tornando al discorso del taglio/controllo delle spese, volevo sottolineare come sembrerebbe che ne siano soggetti anche gli enti che lavorano “a progetto”, in classica mentalità burocratica italiana: ma che senso ha fare un ragionamento del genere per enti che svolgono attività diverse anno per anno?
Insomma, per chiudere, va bene preoccuparsi dell’efficienza, risparmio, contenimento dei costi e via così. Ma se ci si preoccupasse di più anche dell’efficacia, di cosa il pubblico fa con i soldi e non di quanto spende, probabilmente avremmo almeno servizi pubblici che funzionano. E che forse la gente sarebbe anche più contenta di finanziare con le proprie tasse.
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