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Gli aggregati monetari

Come detto in un precedente post, la moneta è l’insieme delle “attività” che sono generalmente accettate come mezzi di pagamento. Come si può intuire, questa definizione non crea una netta linea di demarcazione tra quello che è moneta e quello che non lo è. Per questo motivo, vengono in genere utilizzate più misure di quello che è lo stock di moneta, cioè vengono misurati diversi aggregati monetari. I diversi aggregati monetari si differenziano in base alla liquidità, cioè alla possibilità di essere “spesi” più o meno immediatamente.


M0: è la cosiddetta “base monetaria”, insieme delle banconote e delle monete che sono presenti nel sistema economico. E’ l’aggregato più “liquido” di tutti.

M1: M0 + depositi a vista. I depositi a vista sono i depositi “pagabili su richiesta”, ovvero quelli da cui in qualunque momento si può prelevare denaro (senza pagare penali o altro). Un tipico esempio di depositi a vista sono i conti correnti. Oltre a poter essere rapidamente convertiti in contante i depositi a vista si caratterizzano perché tipicamente vengono remunerati con un tasso di interesse basso, a volte vicino a zero.

M2: M1 + depositi di risparmio a breve termine. I depositi a breve termine sono quelli con durata prestabilita fino a due anni e i depositi rimborsabili con preavviso fino a tre mesi.

M3: M2 + i pronti contro termine, quote e partecipazioni in fondi comuni monetari, titoli di debito con scadenza fino a due anni.

Val la pena sottolineare che questi aggregati monetari non sono del tutto universali, cioè molti Stati introducono alcune varianti di misurazione degli aggregati. Quelli che abbiamo elencato sono quelli indicati dall’Unione Europea, e corrispondono anche abbastanza bene a quelle che sono le classi di aggregati usate negli Stati Uniti.

Però, ad esempio, nel Regno Unito, ad esempio, vengono utilizzati solo gli aggregati M0 e M4, di cui il primo coincide con M0 indicato dalla UE, mentre M4 si avvicina abbastanza all’M3 della UE.

In Italia, invece, in precedenza erano utilizzati M1, M2 (che però si avvicinava di più all’M3 della UE), e M2 estesa, che aggiungeva ad M2 i depositi di residenti in Italia presso filiali estere di banche italiane. M2 estesa aveva lo scopo di aiutare a passare da un’ottica territoriale della moneta (cioè “contando” la moneta presente sul territorio nazionale) ad un’ottica basata sul concetto di residenza del detentore, che erano le indicazioni che venivano dalla Comunità Europea.

A cosa serve misurare la quantità di moneta?

L’importanza di misurare la quantità di moneta presente nel sistema deriva dalla stretta connessione che c’è tra la crescita della moneta e l’inflazione nel medio e lungo periodo. La connessione deriva, dal fatto che la moneta è uno strumento di scambio, e non un qualcosa che ha valore “di per sé“. Quindi se la quantità di moneta presente nel sistema aumenta più della quantità complessiva di ricchezza del sistema, si genera inflazione: con un esempio banale, è come tagliare una torta. Se si vogliono fare più fette (avere più moneta in circolazione), le alternative sono solo due: o avere una torta più grande (aumenta la ricchezza nel sistema) o fare fette più piccole (si crea inflazione).

Poiché i vari aggregati sono collegati l’uno all’altro da una serie di meccanismi moltiplicatori, gli strumenti che la BCE utilizza per controllare la quantità di moneta sono sostanzialmente due:

  • Modifica di M0 (emissione di banconote)

  • Modifica dei tassi di interesse (che influenzano il rapporto di moltiplicazione tra un aggregato e l’altro)

Banche e Risparmio [http://www.banknosie.com]

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