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Le bolle speculative

Le “bolle”: forse il peggior incubo per chi “gioca” in borsa. Probabilmente ne avete già sentito parlare: la bolla “di Internet”, o della new economy, del 2000, la (per il momento presunta) bolla “immobiliare”. Quando la bolla “scoppia”, i titoli delle azioni coinvolte crollano, con grosse perdite per chi ha investito. Per questo è un argomento interessante da approfondire: in particolare, in questo post volevo parlare della tra la bolla della new economy, che ha una serie di aspetti interessanti, e peculiari, che secondo me meritano di essere evidenziati.


Ma prima, val la pena di spiegare meglio cos’è una bolla speculativa, cosa per la quale mi affido a Wikipedia:

Si definisce bolla speculativa una particolare fase di un qualsiasi mercato caratterizzata da un aumento considerevole e ingiustificato dei prezzi, dovuto ad una crescita della domanda repentina e limitata nel tempo. […]

L’eccesso di domanda che spinge verso l’alto in poco tempo il valore di un bene, di un servizio, di una impresa o più semplicemente di un titolo che rappresenta un qualche diritto sugli stessi, si può ricondurre all’irrazionale euforia di soggetti economici convinti che una nuova industria, un nuovo prodotto, una nuova tecnologia potranno offrire cospicui guadagni e registrare una crescita senza precedenti. Scatta pertanto la corsa all’acquisto del diritto, nella speranza di rivendere lo stesso ad un prezzo superiore. La corsa all’acquisto provoca un aumento del prezzo che conferma, agli occhi di molti, la bontà della precedente previsione di un futuro aumento del prezzo del diritto. Questo stimola ulteriormente gli acquisti e quindi fa aumentare ancora una volta il prezzo. La profezia in altri termini si avvera, inducendo nuovi soggetti economici ad acquistare i medesimi titoli. Tra questi, man mano che i valori crescono, si annoverano sempre più soggetti solitamente restii ad acquistare strumenti finanziari dal rischio elevato.

L’eccesso di acquisto di un diritto ad un certo punto si arresta. Le cause possono essere almeno tre: è difficile trovare nuovi investitori disposti ad acquistare ulteriori diritti ad un prezzo che nel frattempo è diventato elevato; chi ha comperato diritti in precedenza è spinto a vendere i titoli per monetizzare il guadagno; le ottimistiche prospettive di guadagno precedentemente formulate possono essere riviste e ridimensionate.

Alla fase di crescita dei valori segue dunque una fase opposta, durante la quale si assiste ad un calo considerevole delle quotazioni. All’eccesso di vendite contribuiscono la consapevolezza che, di fronte a prospettive economiche meno ottimistiche, i valori dei titoli trattati sono destinati a calare e la volontà di molti possessori di titoli di cederli prima che si verifichino ulteriori diminuzioni del valore.

Quando il valore dei titoli scende repentinamente e si assiste a un cambiamento radicale delle prospettive economiche retrostanti, si parla di scoppio della bolla speculativa. […]

Bene, fatta un po’ di chiarezza su cos’è una bolla speculativa, mi pare interessante evidenziare un paio di fattori secondo me interessanti:

  • Il crollo generalizzato delle borse del 2001 non è stato conseguenza degli attentati dell’11 settembre, come invece spesso comunemente si ritiene. Il ribasso, come si può vedere dal grafico del MSCI World Index qui sotto, era iniziato molto prima, soprattutto perchè si è sempre più diffusa la percezione che il mercato era sopravvalutato.

  • L’aspetto più interessante della bolla di Internet però è che la molte delle aziende quotate nel settore della new economy, i valori delle cui azioni stavano andando alle stelle, non solo non producevano utili, ma non avevano nemmeno un reale modello di business, cioè non avevano una strategia con la quale guadagnare denaro. C’erano diverse aziende che magari avevano oppure avevano un sito web con un certo numero di contatti, oppure addirittura solo qualche idea di servizi per il web, che si quotavano in borsa, ma non avevano la minima idea di come poi trasformare questi contatti, queste visite, in soldi: tenete presente che non si era ancora diffusa la pubblicità su Internet, e il suo valore (e quindi il prezzo che gli advertisers erano disposti a pagare) era tutto da dimostrare, e che il fatto che delle persone utilizzino un servizio gratis non implica che una percentuale significativa di queste sia disponibile o intenzionata a pagare per esso. Eppure, un gran numero di presunti esperti se ne è venuto fuori addirittura con formule che legavano il valore di un’azienda al numero dei contatti del suo sito Internet.
  • Per questi motivi, il crollo dei valori delle azioni è stato particolarmente “doloroso” per chi aveva investito i propri soldi in azioni del settore. Io credo che (probabile) la bolla immobiliare di cui si parla in questi mesi sia profondamente diversa: è vero che il settore immobiliare potrebbe essere sopravvalutato, ma è molto, molto improbabile che ci si accorga improvvisamente che gli immobili non valgono nulla, come invece è avvenuto per molte aziende della new economy dalle quali ci si attendeva grossi ricavi ma non avevano idea di come guadagnare. Inoltre è verosimile che il valore degli immobili sia nel lungo periodo crescente, se non altro perché la popolazione mondiale è destinata ad aumentare (e con essa la domanda di case, ma anche uffici, negozi, ecc.) mentre lo spazio disponibile per costruire (in luoghi “utili”) è destinato a rimanere costante.

Detto tutto questo, vi lascio con una morale: cercate sempre di capire il meglio possibile dove state mettendo i vostri soldi, cercando di capire come funziona il settore, come guadagnano le aziende e facendovi una vostra opinione se sono sottovalutate (e quindi ad aumentare di valore nel medio-lungo termine) o sopravvalutate (e quindi diminuire di valore).

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